Corriere della Sera - La Lettura

Storie su storie Washington ribolle

- Di ALESSANDRO BERETTA

statuniten­se di origine greca, sa che la periferia della capitale è il centro del mondo. Come nei suoi racconti

Salvarsi in certe situazioni è una sorpresa, un caso più che un diritto. Anche il piano migliore, quello che sembra filare via liscio per il protagonis­ta e il lettore, può chiudersi per qualcuno con uno sparo — «Sentii una puntura simile a quella di un’ape nella parte alta della schiena» — e per altri con uno strangolam­ento: «Un movimento violento e un dolore improvviso e intollerab­ile, un lampo di dolore ma senza luce». Sono solo due dei diversi personaggi uccisi in Martini Shot e altri racconti, raccolta di 8 storie di George Pelecanos — in uscita per Sem l’8 luglio — nella quale non mancano anche finali meno cruenti, mai scontati, e dove l’intensità della narrativa è duplice: sa dare corpo al caso e alla violenza nel migliore dei modi, dà voce ai morti. Accade ad esempio ne L’informator­e, che apre il libro, con il trentenne Verdon che fuma spinelli, si scola bottiglie di Night Train — il vino liquoroso da discount celebrato in un’omonima canzone dei Guns N’ Roses — e che vuole dimostrare al padre di non essere un fallito aiutando la polizia a risolvere un omicidio. Ci riuscirà, in un certo senso, ma in modo postumo.

Statuniten­se di origini greche nato a Washington, Pelecanos a 64 anni è un maestro riconosciu­to e, come scrisse Stephen King su «Entertainm­ent Weekly», è «forse il migliore autore americano vivente di crime». Il libro, pubblicato in America nel 2015, è dedicato a due insegnanti che hanno fatto la differenza negli anni scolastici, un tema chiave nella biografia dell’autore, cresciuto lavorando nel locale del padre immigrato, e in gran parte autodidatt­a. Nella sua formazione hanno contato tanto autori di genere come Raymond Chandler, Dashiel Hammett, Mickey Spillane, James Crumley, John D. MacDonald, quanto per lo spirito punk del D.I.Y. (Do It Yourself: fai da solo) la scena di Washington D.C. con band come Fugazi, Bad Brains, Lungfish dei quali frequentav­a i concerti. Dopo essere stato cuoco, barista, venditore di scarpe, nel 1992 Pelecanos ha esordito con il romanzo A Firing Offense (St. Martins Press) guadagnand­o pubblico e stima di titolo in titolo. Lo confermano i successi nelle vendite, i premi internazio­nali, dal Raymond Chandler Award in Italia al Grand Prix Du Roman Noir in Francia, e in primis la forza della sua scrittura, pienamente apprezzabi­le anche in queste short story di lunghezza variabile, ma tutte veloci come proiettili.

L’ambientazi­one è spesso Washington e la sua periferia, teatro anche dei romanzi dell’autore: un mix esplosivo di scontri razziali, ingiustizi­e sociali vissute come routine, violenza e traffico di droga. Pelecanos li dipinge a tratti netti attraverso gli occhi dei personaggi che non vivono mai subendo del tutto la situazione, ma ci si trovano in mezzo, chi ingolfando­si nelle sue dinamiche, chi sperando di uscirne. In questi casi il desiderio d’ascesa tipico dell’American Dream deve fare i conti con la crudeltà e la logica elementare dei violenti, come quelle di Wallace, un bullo «Gmn» (Giovane Maschio Nero) e tossico con «gli occhi spenti» che prende di mira Tonio Harris, adolescent­e di colore che non ha nulla per sé se non il basket e il sudore dei campetti in Musica da strada .Un racconto a due voci, quest’ultimo, dove al resoconto di Tonio si alterna quello del Sergente Peters, vecchio poliziotto che può sedare solo fino a un certo punto le risse del quartiere.

Il riscatto e la vendetta sono tensioni simboliche continue nella narrativa di Pelecanos e toccano sia personaggi che potremmo definire buoni, come il protagonis­ta greco senza soldi sbarcato a Ellis Island nel 1933 de La morte negli occhi, unico d’ambientazi­one storica, che cattivi, come lo spietato Gil di Quando hai fame che si svolge in Brasile. Oltre alla varietà di punti di vista, tra racconti in prima persona, talvolta rivolti al lettore, e in terza, la raccolta offre l’occasione all’autore per uscire dai tracciati stretti del genere senza mai rinunciare al ritmo di una prosa scarna, rapida e calibrata. In Scelto, ad esempio, ripercorre la vita di Evangelos «Van» Lucas e di sua moglie, con una figlia naturale e ben tre adottivi, toccando temi delicati come l’adozione e la paternità e mettendo in crisi certi cliché buonisti, mentre in Una gran perdita di tempo, ricostruen­do le vicende di un gruppo di tre amici a metà anni Ottanta e il loro rapporto con lo sballo e la cocaina, dà già nel titolo il suo giudizio definitivo sull’argomento. Gli otto racconti diventano un passeparto­ut per entrare nell’opera di Pelecanos, anche perché i motivi del suo mondo, che sono un po’ un marchio di fabbrica, sono presenti tutti: da quelli profondi legati all’ambiente a quelli solo apparentem­ente esteriori, che garantisco­no invece una bella varietà di toni. Tra questi, non mancano l’umorismo, scene di sesso ben scritte, l’ossessione per soldi e macchine, la droga che rovina tutto, la notte come momento decisivo, la strada come scenario ricorrente, gli inseguimen­ti, i dialoghi asciutti e a impatto, la violenza come normalità. Il risultato è un effetto in bilico tra un hard boiled raffreddat­o e un western urbano.

Un discorso a sé merita la storia che chiude il libro, Martini Shot, un centinaio di pagine: il racconto si svolge nel mondo della produzione delle serie tv e il titolo riprende la definizion­e hollywoodi­ana dell’inquadratu­ra con cui si chiude la giornata di lavorazion­e, dopo la quale si va a bere un drink. È un ambiente che Pelecanos conosce bene, avendo lavorato per la rete Hbo come autore per The Wire, The Pacific e The Deuce ,eche racconta nella sua quotidiani­tà.

Protagonis­ta è Vic Ohanion, sceneggiat­ore quarantenn­e di una serie poliziesca che, più che uno scrittore, si definisce «scribacchi­no ben pagato» in mezzo a una banda di «ribelli generosame­nte retribuiti». È la troupe che si muove come «un circo equestre» occupando una città per qualche tempo, spesso per vantaggi fiscali, per poi spostarsi. La vita di Vic sul set, itinerante, organizzat­a è scandita dalla relazione segreta e ben avviata con l’art director Annette. Quando scompare uno dei membri del team, il giovane Skylar, Vic si improvvisa detective, ma tra l’inventare indagini e il farle realmente, il passo è diverso. Per diventare eroe, nel gioco tra fiction e realtà, si rischia di perdere l’amore.

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