Corriere della Sera - La Lettura

Paura? Forse no Perché la mamma è fatta di buio

Pier Lorenzo Pisano sperimenta il genere gotico con una piega persino edificante

- Di ORAZIO LABBATE

Rientra nella favola rurale e nera Il buio non fa paura di Pier Lorenzo Pisano, romanzo finalista del Premio Calvino 2020. Un esordio dallo stile lucido, minimale e debitore, senza dubbio, del flusso di coscienza faulkneria­no di Mentre morivo. Scandita da un ritmo frenetico e suggestivo, l’opera ricorda anche un efficace script vicino all’immaginari­o gotico di film come The Village di M. Night Shyamalan, Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro e La morte corre sul fiume di Charles Laughton. È proprio in virtù di queste similitudi­ni letterarie e cinematogr­afiche che si compie con curiosità e scioltezza la trama di Il buio non fa paura.

Il protagonis­ta è il piccolo Gabriele il quale vive con i fratellini, Giulio e Matteo, nel cuore di una casa di campagna dimenticat­a nel nulla. Trascorron­o le giornate tra giochi selvaggi, sotto il sole caldo, nel cuore di quella vita bucolica. La madre e il padre si occupano dei campi, mentre il paese poco distante alla sera si accende come il miraggio di un modesto presepe. Ma è nel buio che cambiano le loro esistenze. Mentre Gabriele ritorna dal paese la madre si reca di sera nella stalla per prendere del latte al figlio. Senonché nelle tenebre, che Gabriele teme e alle quali non vuole accedere, lei scompare. L’intero paese va in cerca della donna ma, no, nessuna traccia. Durante il funerale la bara è infatti ancora vuota.

A dare una scossa surreale alla narrazione, a metà tra la realtà e l’immaginazi­one, è l’incontro di Gabriele — nelle profondità del bosco per ritrovare la madre: con un essere gigantesco sorto dal buio nei pressi di un faggio. Quell’essere dalle lunghe braccia e dalla pelle delicata è forse la madre ormai un tutt’uno con la tenebra dalla quale è stata completame­nte sommersa? O è un essere ostile che, nella mente del ragazzino, ha preso le fattezze della donna ormai andata via? «E davanti a lui il buio assoluto, come se non ci fosse niente, come un pozzo nero, davanti a lui si forma un’oscurità totale, c’e qualcosa di strano, come se non si riuscisse a immaginare tutta questa assenza di luce. Il bambino prova a lanciare un sassolino nel buio, chiama ma’ ma’, non c’è nessuna risposta, nemmeno un’eco, la voce cade assorbita nel pozzo. Solleva il piede per fare un passo, sta per entrare nel nero, sta per sparire anche lui, ma all’ultimo non se la sente e il passo lo fa indietro, e poi un altro e un altro, e poi, mentre si allontana dalla stalla, guarda verso il bosco, anche lì è tutto nero, l’unico punto di luce è il rettangolo della finestra di casa, ma’ ma’ prova ancora una volta, e poi schizza via verso il portone».

Il buio non fa paura si conferma un’ingegnosa e metaforica fiaba dark in grado di regalare un intreccio pieno di intensità sui piani psicologic­o e sentimenta­le. Grazie a una narrazione disturbant­e e insieme sensibile — oltre alla vicinanza con la fantasia fluviale e funebre di William Faulkner — il romanzo possiede chiare similitudi­ni con lo stream of consciousn­ess infantile di Michael Kimball in E allora siamo andati via. Avrebbe tuttavia meritato una maggiore densità stilistica: una orta di timidezza dell’autore nel forzare la capacità visionaria della prosa a volte impaurita da un suo potenziale passo massimalis­ta.

Ciononosta­nte Pisano dimostra una considerev­ole e persuasiva sicurezza nell’infondere credibilit­à ai sentimenti dei giovani personaggi davanti all’enormità di una perdita adulta che si personific­a nelle fisionomie di un mostro fatto di buio, buono, forse vitale. Il mostro benefico che tutti noi accetterem­mo pur di riavere tra di noi i cari purtroppo andati via. Sì o no? «È sopra di loro e in un attimo li avvolge completame­nte in un abbraccio. Ed è lo stesso abbraccio di quando mamma li asciugava dopo il bagno, esattament­e quello, la testa nell’asciugaman­o, il vapore dell’acqua e gli occhi chiusi strettissi­mi, quando erano piccoli da stare in una mano, tutti e due i fratelli, piccoli come adesso, nell’abbraccio della mamma».

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