Corriere della Sera - La Lettura

Agamènnuni combatte ancora

- Di ANNA GANDOLFI

I quarant’anni delle «Orestiadi» di Gibellina, in Sicilia, si aprono il 9 luglio con lo spettacolo che le lanciò. «Allora era la rinascita dopo il sisma del 1968, adesso il terremoto è stato un altro», dice l’artista-scrittore Emilio Isgrò. Gran finale nel «Cretto» di Burri

«Io rilasciavo interviste: siamo a buon punto, è tutto pronto. La verità? Non avevamo un soldo. E non c’era la sede». Emilio Isgrò allarga le braccia: «Praticavo la politica dell’annuncio». Obiettivo: smuovere le acque. «Avremmo dovuto utilizzare il teatro greco di Segesta, ma dall’Istituto nazionale del dramma antico prendevano tempo. Sì, vediamo, ci pensiamo. Giusto Monaco era il presidente, persona coltissima, eccezional­e. Ma per l’inizio degli anni Ottanta l’operazione era considerat­a ardita». L’operazione è la riscrittur­a dell’Orestea di Eschilo in italiano e siciliano, riallaccia­ndo l’antichità alla quotidiani­tà di Gibellina (Trapani), paesino sconvolto dal sisma del Belice nel 1968. Isgrò, già allora famoso per le sue «cancellatu­re», viene chiamato a «celebrare il nuovo corso del territorio con l’arte che si fa parola» da Ludovico Corrao, senatore e sindaco di Gibellina impegnato anima e corpo, da anni, nella ricostruzi­one (anche) tramite la cultura. Una prima rappresent­azione — la Gibella del Martirio, firmata ancora da Isgrò e allestita nel 1982 nell’auditorium civico — era stata un successo nazionale. «Ma sull’Orestea di Gibellina— racconta l’artista a “la Lettura” — non se ne usciva.

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