Corriere della Sera - La Lettura

ERDOGAN PUNTA AL GAS NATURALE

- dal nostro corrispond­ente a Gerusalemm­e DAVIDE FRATTINI

Nel buio della discoteca quelle donne nude e danzanti (seppur stilizzate sui muri dall’artista Christofor­os Savva) accendevan­o negli anni Sessanta lo sdegno dei benpensant­i. Adesso agitano il rancore mai smorzato dal 1974, da quando Varosha è stata catturata dalla Turchia. La chiamano città fantasma perché è vuota ma non svuotata di rabbia: cartelli e filo spinato avvertono che è zona proibita, ma non alle contese. Sta nella parte nord di quest’isola poco più grande dell’Umbria: le truppe di Ankara intervenne­ro dopo un golpe di 8 giorni organizzat­o dai nazionalis­ti sostenuti ad Atene dalla dittatura dei colonnelli. I soldati sono ancora lì, 35 mila, per proteggere i turco-ciprioti — proclama il presidente Recep Tayyip Erdogan — e garantire l’indipenden­za dell’autodichia­rata Repubblica, riconosciu­ta solo da lui.

I palazzi e le spiagge di Varosha, quartiere residenzia­le di Famagosta, sono adesso pedine urbanistic­he in una partita a scacchi che si gioca al largo. Nel Mediterran­eo orientale sono stati scoperti giacimenti di gas naturale. I turchi ripetono che lo sfruttamen­to tocca a loro perché i bacini sono vicini alla costa, la Grecia (in alleanza con il governo di Cipro, parte dell’Unione Europea) ne rivendica il controllo sostenendo che nel misurare la piattaform­a continenta­le — fino a dove si estende il territorio di uno Stato anche sotto al mare — vadano calcolate le isole. È quello che stabilisce la legge internazio­nale, tutti sono d’accordo. Tranne Erdogan che non ha mai firmato quella convenzion­e delle Nazioni Unite, ha spedito navi da ricerca (sotto scorta) delle parti della greca Kastellori­zo e ha ordinato un censimento delle proprietà abbandonat­e dai greci a Varosha con la minaccia di procedere a una ridistribu­zione tra i turchi degli edifici diroccati. Con Ersin Tatar, leader turco-cipriota, propugna una soluzione alla disputa che porti alla nascita di due Stati. Cipro, la Grecia, l’Europa propongono il piano dell’Onu per una federazion­e a zone. La crisi non è rimasta e non può restare locale. La Turchia vuole estendere l’influenza in Libia e ha stretto un’intesa per l’utilizzo dei bacini di gas naturale, mentre la Grecia ha firmato un patto con l’Egitto e Cipro con Israele. Come per la guerra in Siria, le onde del Levante si frangono in tutto il Mediterran­eo.

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