Corriere della Sera - La Lettura
ERDOGAN PUNTA AL GAS NATURALE
Nel buio della discoteca quelle donne nude e danzanti (seppur stilizzate sui muri dall’artista Christoforos Savva) accendevano negli anni Sessanta lo sdegno dei benpensanti. Adesso agitano il rancore mai smorzato dal 1974, da quando Varosha è stata catturata dalla Turchia. La chiamano città fantasma perché è vuota ma non svuotata di rabbia: cartelli e filo spinato avvertono che è zona proibita, ma non alle contese. Sta nella parte nord di quest’isola poco più grande dell’Umbria: le truppe di Ankara intervennero dopo un golpe di 8 giorni organizzato dai nazionalisti sostenuti ad Atene dalla dittatura dei colonnelli. I soldati sono ancora lì, 35 mila, per proteggere i turco-ciprioti — proclama il presidente Recep Tayyip Erdogan — e garantire l’indipendenza dell’autodichiarata Repubblica, riconosciuta solo da lui.
I palazzi e le spiagge di Varosha, quartiere residenziale di Famagosta, sono adesso pedine urbanistiche in una partita a scacchi che si gioca al largo. Nel Mediterraneo orientale sono stati scoperti giacimenti di gas naturale. I turchi ripetono che lo sfruttamento tocca a loro perché i bacini sono vicini alla costa, la Grecia (in alleanza con il governo di Cipro, parte dell’Unione Europea) ne rivendica il controllo sostenendo che nel misurare la piattaforma continentale — fino a dove si estende il territorio di uno Stato anche sotto al mare — vadano calcolate le isole. È quello che stabilisce la legge internazionale, tutti sono d’accordo. Tranne Erdogan che non ha mai firmato quella convenzione delle Nazioni Unite, ha spedito navi da ricerca (sotto scorta) delle parti della greca Kastellorizo e ha ordinato un censimento delle proprietà abbandonate dai greci a Varosha con la minaccia di procedere a una ridistribuzione tra i turchi degli edifici diroccati. Con Ersin Tatar, leader turco-cipriota, propugna una soluzione alla disputa che porti alla nascita di due Stati. Cipro, la Grecia, l’Europa propongono il piano dell’Onu per una federazione a zone. La crisi non è rimasta e non può restare locale. La Turchia vuole estendere l’influenza in Libia e ha stretto un’intesa per l’utilizzo dei bacini di gas naturale, mentre la Grecia ha firmato un patto con l’Egitto e Cipro con Israele. Come per la guerra in Siria, le onde del Levante si frangono in tutto il Mediterraneo.