Corriere della Sera - La Lettura

Il trasloco del nostro futuro

- Di ANTONELLA LATTANZI

Mi sveglio prestissim­o. Ho ventun anni e sono appena andata via dalla casa dei miei, e dalla mia città. Io e il mio fidanzato abbiamo affittato un appartamen­to a Roma. Un posto tutto nostro, finalmente. L’11 settembre 2001 è il giorno del trasloco — questo mi viene in mente mentre guardo Blind, monumental­e installazi­one di Maurizio Cattelan. È lo spartiacqu­e della mia vita. Il mio fidanzato ha portato via dalla casa dei suoi una tv dismessa. Io ho un vecchissim­o computer bianco sporco: un regalo di qualcuno, chissà chi. Non c’è quasi nient’altro, in questa casa. È bellissima.

Tutto è pieno della gioia e della paura di avere una casa mia — qualcosa di definitivo che mi porta per sempre via dai miei. M’immergo in questa mattina autunnale di promesse che si spande dappertutt­o. Il mio fidanzato riesce a collegare la tv. Si accende, esultiamo. E poi le vediamo. Le immagini che nessuno dimentiche­rà mai. È un film, dico. No, è la realtà. Sta succedendo ora. Eppure non può essere. Il cielo di Roma, sconosciut­o e pieno di avventure, si fonde con una delle mattine più soleggiate e terse che New York abbia mai visto. Neanche il tempo di pensare — il mio telefono squilla, è mio padre, è mia madre, io non rispondo — e non c’è più niente. C’è solo la polvere che toglie il respiro e ribolle mentre le Torri crollano, la gente che cerca di scappare, i morti, le ambulanze, il fuoco.

Il futuro finisce — il mio e quello di tutti — proprio mentre sta iniziando. Finisce il mondo. Rimane solo la paura. Nera, come l’opera in resina di Cattelan. Il terrore non è un sentimento: è un uragano nero che travolge e soffoca le persone per strada, che sembra vivo: sembra rincorrerl­e. Io e il mio fidanzato non stacchiamo gli occhi da lì. Esiste ancora la parola futuro dopo l’11 settembre? Da quella tempesta nera, sulla tv sempre accesa, a un certo punto qualcuno esce vivo. Istintivam­ente molti superstiti si cercano a vicenda e s’incamminan­o, tutti insieme, lontano dalle Torri, grigi e pesanti di polvere. Continuano a camminare, come in una maratona senza corsa, forse senza neanche sapere dove vanno. Il mio fidanzato cerca la mia mano. Forse proprio mentre una mano sporca di fuliggine, la mano qualcuno che era lì, in quella maratona spontanea, qualcuno che ha vissuto tutto, gira la chiave nella toppa, apre la porta di casa e dice: «Sono io».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy