Corriere della Sera - La Lettura
Commedia a «fumetti» di Botticelli
L’artista realizzò un centinaio di disegni per illustrare il capolavoro. Un’impresa. Li commenta Quirino Principe
Dopo avere terminato gli affreschi nella Cappella Sistina a Roma, «se ne tornò a Fiorenza». Dove, «per essere persona sofistica, comentò una parte di Dante». Compito tribolato, «dietro al quale consumò di molto tempo; per il che non lavorando, fu cagione di infiniti disordini alla vita sua». Considerazioni pratiche di Giorgio Vasari: nel 1568 descrive la passione di Sandro Botticelli per la Divina Commedia. Infiniti disordini ma grandi risultati perché — qui ci illumina l’Anonimo Magliabechiano — l’opera «fu cosa maravigliosa». Di quella impresa restano 92 disegni: Botticelli (1445-1510) li realizza tra fine XV e inizio XVI secolo per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino del Magnifico, già proprietario di capolavori del maestro fiorentino come la Primavera e la Nascita di Venere.
Nell’idea originaria i fogli erano un centinaio (forse 102, i mancanti sono dispersi o mai realizzati), uno per ogni canto delle tre cantiche del poema, più quadri sparsi. Figure a punta di metallo,
a volte riprese a inchiostro e parzialmente colorate, per dare forma plastica al viaggio narrato quasi 200 anni prima da Dante. A questa «lettura per immagini» è dedicata Botticelli. Quadri dalla Divina
Commedia, selezione delle tavole meglio conservate appena giunta in libreria. Il commento è affidato a Quirino Principe, critico e saggista. «Botticelli — ricorda — può essere considerato il primo illustratore che abbia rappresentato ogni singolo canto». Una prova monumentale dal destino travagliato, tanto che viene smembrata: 7 fogli sono conservati dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e 85 a Berlino, patrimonio statale alKupferstichk ab in ett.Nell’ o pera il pittore è regista, graffia sulla pergamena attento a rispettare la «sceneggiatura» in terzine: dove altri si perdono nelle allegorie, lui segue l’azione, fissa dettagli minuti — anche i movimenti delle mani — deciso a «rendere in un solo quadro non singoli episodi bensì un intero canto». Sulla medesima pagina le figure si ripetono più volte, come in un fumetto: Dante e Virgilio, Dante e Beatrice (che ha l’inconfonvolto della Venere, Simonetta Vespucci) si materializzano in pose diverse.
Principe richiama l’attenzione sul Botticelli meno noto, che sceglie «l’ironia, talvolta macabra o delinquenziale, o prossima al registro comico» per tratteggiare l’Inferno. «Un esempio: la figura di Gerione (XVII canto), esilarante per la serietà del volto “signorile” e ipocrita, “intellettuale”, ornato da una grigia barbetta a pizzo, insomma un professore o un magistrato colto e di buone letture, e, sotto il collo, strisciante su membra da rettile con spire e zampette». Monti, città, spiagge, fiumi. Tutto è illustrato «con precisione topografica assoluta». E quando vanno rese distanze enormi da attraversare in volo, l’artista fa scelte stilistiche controcorrente, come fissare «l’immensità della rosa celeste limitando la sua raffigurazione a un solo petalo». Le tavole più spettacolari sono quelle completate anche con i colori. Ma, conclude Principe, «per motivi che ci sono ignoti, l’opera rimase incompiuta». Sui tormenti aveva ragione Vasari.