Corriere della Sera - La Lettura

Il signorino delle mosche è Leopardi

Ingenuità del genio Il «Compendio» con due testi naturalist­ici inediti del poeta a 14 anni

- di EDOARDO BONCINELLI

Di Giacomo Leopardi mi ha sempre colpito una frase da lui messa in bocca al Folletto di una delle sue

Operette morali: «Io tengo per fermo che anche le lucertole e i moscherini si credano che tutto il mondo sia fatto a posta per uso della loro specie». La frase mi ha colpito, per l’immensa apertura d’orizzonte che questa meraviglio­sa espression­e di protervo disincanto promuove — ci crediamo tanto diversi, ma siamo noi che giudichiam­o: e chi, se no? — e anche per l’uso colto della parola «moscherini». I moscherini sono ovviamente i moscerini, che io ho studiato per tanti anni in laboratori­o e che mi hanno rapito il cuore. Con i loro occhioni, di tutte le sfumature del rosso acceso, e con la loro passione per i profumi: un moscerino maschio può «comprarsi» un intero harem di moscerine con una goccia di aceto. Altro che Chanel N° 5!

Di Gaspare Polizzi ricordo tante avventure di convergenz­e parallele, ma in particolar­e una sera gloriosa di qualche anno fa per le vie di Recanati. Adesso ritrovo tutto, moscherini e Polizzi, in un aureo libretto del Leopardi adolescent­e: Compendio di storia naturale,

edito da Mimesis e amorevolme­nte curato appunto da Polizzi con la collaboraz­ione di Valentina Sordoni. L’operina riporta due inediti da tempo in attesa di pubblicazi­one, del poeta quattordic­enne, intento come solo lui sapeva fare a «divenir del mondo esperto,/ e de li vizi umani e del valore». Dove si parla anche di mosche. «Le Mosche sono piccoli insetti volanti, che hanno intorno al capo una corona di occhi, e come di specchiett­i lucidissim­i co’ quali senza muoversi vedono tutti gli oggetti, che sono intorno ad esse». Non è proprio così, ma come dimenticar­e questo vivido ritrattino?

Il commento cui si abbandona l’autore della fonte alla quale verosimilm­ente il nostro s’ispira è degno di consideraz­ione: «Ancor più mirabile è osservare come la mosca, con tutta quella molteplici­tà de’ suoi occhi non ravvisi gli oggetti in confuso; ma chiari, e distinti». C’è decisament­e dell’entusiasmo in tutto questo, e il giovane Giacomo non si poteva augurare di meglio. Per il suo oggi e per il suo domani.

Tutta l’opera del nostro poeta mostra infatti una solida ossatura di conoscenze interioriz­zate e meditate, come pure una certa inclinazio­ne per il sapere scientific­o, con il suo incedere disincanta­to e quasi canzonator­io, ancorché sistematic­o. Atteggiame­nto canzonator­io e dissacrant­e che da adulto il poeta sembra vivere con un composto senso di colpa, che lui pretende di tenere a bada estendendo il suo pessimismo al cosmo intero e la sua dissacrazi­one al facile entusiasmo dei suoi contempora­nei per il secolo dei Lumi. Il Leopardi che incontriam­o in questa lettura è invece un Leopardi giovanetto che studia e che sembra apprezzare ciò che studia. Con che cuore non lo sappiamo, ma sappiamo con che impegno: in lui ogni studio è «matto e disperatis­simo» oppure non è.

Leggendo lo scritto, che poi non è molto di più di un compitino, ma è un compitino di Giacomo Leopardi, mi è venuto in mente che in fondo quella di imparare è una delle poche soddisfazi­oni che ci possiamo togliere, volendo.

Il bello di Leopardi è che ci restituisc­e con gli interessi tutto quello che riesce a far suo. Leopardi non sarebbe Leopardi senza la sua «libreria» interiore, piena zeppa di grossi volumi e di agili articoli, di gioielli e di cianfrusag­lie, di dottrina e di accondisce­ndente frivolezza, di punti fermi e di fermate facoltativ­e. Come dire della gloria del disteso mezzogiorn­o e delle farfalle crepuscola­ri apparse in mezzo ai viburni. Sono proprio i preziosi volumi della sua biblioteca interiore che assicurano la continuità del pensiero del nostro, quasi sospeso nella sua apparentem­ente imperturba­bile razionalit­à. Ma con il passare degli anni su questo candido canovaccio lascia sempre più spesso qualche traccia il suo vissuto che, per quanto scomodo e in fondo banale possa essere, è sempre il suo vissuto.

Quante volte mi sono chiesto se si può vivere senza un vissuto. Alcune personalit­à eccezional­i ce lo fanno sperare, ma i poeti, incluso il nostro caro Leopardi, si incaricano di disilluder­ci e di ricondurci a più miti consigli. Come non è possibile riflettere sul tempo senza stare nel tempo, così non è possibile contemplar­e la vita senza trovarcisi immersi anima e corpo. Il prezzo è alto, ma a volte ne vale la pena. Con Leopardi sempre, giovane e meno giovane.

 ??  ?? GIACOMO LEOPARDI Compendio di storia naturale. Con l’aggiunta del «Saggio di chimica e storia naturale» del 1812 A cura di Gaspare Polizzi e Valentina Sordoni MIMESIS Pagine 276, € 20
GIACOMO LEOPARDI Compendio di storia naturale. Con l’aggiunta del «Saggio di chimica e storia naturale» del 1812 A cura di Gaspare Polizzi e Valentina Sordoni MIMESIS Pagine 276, € 20

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