Corriere della Sera - La Lettura
Dialogo tra i fratelli Mann E Tóibín incontra Thomas
Esce in Germania l’edizione integrale delle lettere tra l’autore del «Paese della cuccagna» e quello dei «Buddenbrook». Il nazismo, Weimar, l’America: fraintendimenti, umori, affetti. Mentre Colm Tóibín ci restituisce l’insuperabile voce del vincitore del
La corrispondenza dal 1901 al 1949 fra Heinrich (1871-1950) e Thomas Mann (1875-1955) è straordinaria: i corrispondenti sono fratelli e famosi scrittori di novelle, romanzi e saggi letterari, storici e politici. Fino al 1922 sono stati su posizioni politiche contrapposte, con scambi di critiche aspre, poi saranno uniti e impegnati per la repubblica e la democrazia tedesca contro reazionari e nazisti. Nel 1933 furono costretti all’esilio, e Heinrich non tornò più in Germania.
Il marchio tedesco S. Fischer di Francoforte, casa editrice di Thomas Mann dal 1901, pubblica la prima edizione completa del loro Briefwechsel: il carteggio uscirà il 25 agosto. L’opera è curata da Katrin Bedenig, direttrice dell’Archivio Thomas Mann di Zurigo e da Hans Wisskirchen, direttore del Buddenbrookhaus a Lubecca. La precedente edizione, curata da Hans Wysling, uscì nel 1968 e fu rivista nel 1984 e nel 1995. Conteneva 272 lettere e minute, fu tradotta in italiano nel 1999 da Roberta Persichelli e pubblicata da Archinto con il titolo Thomas e Heinrich Mann. La montagna del disincanto. Lettere 1900-1949. Nell’edizione fresca di stampa lettere, minute e cartoline sono 377: cioè 281 di Thomas, 92 di Heinrich e 4 di Katia Mann (moglie di Thomas). Il materiale finora inedito proviene dalla famiglia di Heinrich, dalla Feuchtwanger Memorial Library di Los Angeles e da privati. La maggior parte delle lettere di Heinrich dal 1903 al 1918 è scomparsa. Il volume riprende il commento di Wysling alle lettere del 1995, completato da Katrin Bedenig per la nuova corrispondenza.
Il Briefwechsel è un lavoro editoriale magistrale con il quale si entra non solo nei meandri a volte tutt’altro che felici del rapporto fra i fratelli scrittori, ma anche nelle testimonianze di due menti eccelse su un tragico periodo della storia. I fratelli si scrivono di vicende personali e familiari, e di eventi letterari (con critiche reciproche a volte furiose, ma spesso con complimenti che, lo si sa dal diario, da parte di Thomas non sempre erano sinceri), e dei disordini spesso tragici in cui la follia umana li trascinava. Non mancano aneddoti curiosi. In una lettera del 6 aprile 1901 ad Heinrich, che era a Firenze, Thomas si lamenta che la posta italiana è «una vergogna sempre maggiore»: s’erano perduti una lettera e un regalo. Le lettere mostrano sin dalla giovinezza — rileva Hans Wysling — che, nonostante le differenze di temperamento, le affinità prevalevano. I fratelli si conoscevano bene e i colpi reciproci, frequenti fino al 1922, ferivano in profondità.
Romanzi e guerra (1900-1922)
Nel 1900 esce il romanzo di Heinrich Nel paese della cuccagna. Romanzo con persone distinte, con un ottimo successo. Il paese della cuccagna era la Berlino degli anni Novanta dell’Ottocento, e le persone distinte erano giornalisti di varia fortuna ed esponenti della finanza e della nobiltà prussiana, immersi nella corruzione e negli imbrogli. È una satira sociale feroce sul modello del naturalismo francese. Il successivo romanzo Caccia all’amore del 1903 è la caricatura della società di Monaco di Baviera ricca di peripezie amorose. Nel 1901 Thomas aveva pubblicato I Buddenbrook, un capolavoro della narrativa universale, per il quale, 28 anni dopo, riceverà il Nobel.
Scrive ad Heinrich il 5 dicembre 1903 che se ne erano stampate 13 mila copie, che l’avevano liberato dalla penuria che gli aveva impedito l’acquisto del «Vasari, che devo consultare in biblioteca». Il successo sottrasse Thomas alla soggezione che gli metteva il fratello, cui non risparmia, in una lettera del 15 dicembre dello stesso anno, il rimprovero che Caccia all’amore è caduto nell’insolente sessualità, priva della poesia dell’erotismo, che imperversava nella letteratura tedesca «zeppa di cosce, seni, lombi, polpacci e pervasa da un permanente e stancante odor di carne». Proprio perché la lettera è ben scritta, risponde Heinrich, si sente colpito. La sua difesa è rozza: Thomas non sa nulla della sessualità femminile, e s’interessa solo di uomini. È l’incomprensione del problema della vita di Thomas, l’omosessualità repressa, sulla quale Heinrich aveva già sparso veleni in una lettera a un amico nel 1890. Thomas non si scompone: tante sarebbero le cose cui replicare, gli risponde il 3 dicembre, ma «al diavolo, noi due, io di certo, ci sentiamo particolarmente bene quando siamo amici».
Il 4 agosto 1914 la Germania invade il Belgio. Tre giorni dopo Thomas, che mai s’era occupato di politica, scrive al fratello che si vergogna di non avere previsto la catastrofe. Scivola nell’atrocità di dire che s’era grati al destino per farli vivere un’esperienza inattesa, per la quale provava una «sconveniente» curiosità, e una profonda simpatia per «l’odiata Germania». Non sembra avere alcuna idea di che cosa una guerra comporti. Da quel momento, scrive lo storico Mark Lilla, Thomas Mann tolse i freni a un demonio interiore: divenne l’apostolo più acceso e intransigente della causa tedesca, in un’esaltazione per la guerra «salute dello spirito» che durò fino alla fine del conflitto. Non fu l’unico: Rainer Maria Rilke, Robert Musil, Gerhart Hauptmann, Friedrich Meinecke, Max Weber, Jakob Wassermann e quasi tutti gli scrittori di lingua tedesca lavorarono di fantasia per fare della guerra una crociata di liberazione non si sa da che cosa. Thomas, inabile come soldato per i piedi piatti, s’impegna a tavolino. Il primo lavoro, Buona posta dal campo, del novembre 1914, esalta i successi nelle Argonne, anche se l’opinione pubblica, che attendeva una vittoria lampo, era scossa per il numero di morti e d’invalidi. Pensieri in tempo di guerra del novembre 1914 formula la riflessione che, a dispetto dell’assurdità, accompagna Thomas per tutto il conflitto ed è il nucleo delle Considerazioni di un impolitico. La Germania lotta per difendere la sua Kultur, che è «compattezza, stile, forma, comportamento, gusto... organizzazione spirituale del mondo... oracolo, magia, pederastia, inquisizione, forme culturali orgiastiche» mentre la Zivilisation dei nemici e del fratello è decadenza alla francese, «ragione, illuminismo, mitezza, comportarsi bene, scetticismo, risoluzione». La contrapposizione è insensata. Dall’inizio del conflitto lo scambio epistolare è minimo. Heinrich pubblica un saggio, uscito in Svizzera nel novembre 1915 per evitare le grinfie della censura, sullo scrittore francese Émile Zola. Parla dell’impero di Napoleone III, ma intende il Kaiser Guglielmo II: «Un impero basato solo sulla violenza, anziché su libertà, giustizia e verità, nel quale si comanda e si ubbidisce, si guadagna e si sfrutta senza nessuna considerazione umana, non può vincere... e la democrazia sarà il dono della sconfitta».
Le pagine sul caso Dreyfus, che rivelò la ferocia dell’antisemitismo francese, a quel tempo pari, se non superiore, a quello tedesco, e sull’impegno di Zola a favore del capitano ebreo ingiustamente condannato per tradimento, sono quanto di meglio sia uscito dalla penna di Heinrich. Zola mandò Thomas su tutte le furie, e la risposta al fratello Zivilisationsliterat furono le 590 pagine delle Considerazioni di un impolitico, che non ebbero l’effetto voluto perché uscirono a guerra perduta. Il 30 dicembre 1917 Heinrich gli scrive che l’odio di cui parla negli estratti del libro si riferisce a lui, e ciò è falso. Parlare di «vittoria» come fa Thomas, «in un mondo in macerie e con dieci milioni di morti... e altri che continuano a morire», è un compiacimento da ideologo. Gli scrive che non leggerà il libro. Non lo lesse, e così si risparmiò alcune pagine orribili. I morti, i feriti e gli invalidi erano tanti e l’entusiasmo per la guerra era spento. Thomas Mann pensò di contrastare quello stato d’animo inventando l’entusiasmo degli invalidi per il loro tributo all’impero. Le pagine sui ciechi che si divertono a gettarsi l’un l’altro le protesi degli occhi, sono illeggibili. Golo Mann, terzogenito di Thomas, a Raymond Aron che nel 1975 gli aveva chiesto di parlare delle Considerazioni a Parigi, rispose che esitava perché quelle pagine «non sarebbero dovute esistere... Che siano un libro molto colto e intelligente aggrava, non attenua la cosa». Benedetto Croce, entusiasta per l’opposizione «allo spirito politicien, democratico, demagogico, frasistico e letterario», lo lodò nella Critica del febbraio 1920.
Grazie al successo dei romanzi Il paese
della cuccagna (1900), Il suddito (1918) e I poveri (1917) Heinrich era il poeta della Repubblica di Weimar e candidato al premio Nobel per il 1921. Il 21 maggio 1921 nel diario Thomas scrive: «Vorrei che questo premio non esistesse, perché, se lo ricevo io, si dirà che doveva andare ad Heinrich, e se lo ricevesse lui, io ne soffrirei. La cosa migliore sarebbe se lo dessero a entrambi. Ma questa riflessione è, temo, troppo sottile per i giudici del premio». Fu dato ad Anatole France. Thomas ricevette il Nobel nel 1929, e, piccato perché nella motivazione erano ricordati I Buddenbrook del 1901 e non La montagna incantata del 1924, commentò che i signori di Stoccolma avrebbero ben potuto darglielo prima. Nel 1949, colpito favorevolmente da un saggio di Heinrich, commenta nel diario il 9 giugno «quanto sarebbe stato felice il Nobel a entrambi».
Heinrich era democratico, progressista, contrario all’Impero e alla guerra, amante delle cultura e civiltà francesi. Considerò la guerra e l’entusiasmo per una strage senza scopo la prova della deriva intellettuale e morale della società tedesca, chiusa nel militarismo imperiale raccontato nel romanzo Il suddito. Scritto nel 1914 e pubblicato dopo la guerra per ragioni di censura, ebbe un successo enorme. Heinrich fu una delle figure più rappresentative e integre della nuova democrazia. Per Thomas, le cui Considerazioni erano la Bibbia degli antidemocratici filoimperiali tedeschi, c’era Kultur solo con l’Impero. Sorprendente, in un intellettuale che, a partire dal 1922, dimostrerà una straordinaria sensibilità democratica e una comprensione precoce del nazismo.
Dopo il 1922, la democrazia
Non ci fu scambio epistolare dal 1919 al 1922 e dal 1922 al 1930 sono rimaste poche lettere e cartoline. I contatti, anche telefonici, a Monaco e Berlino, furono frequenti, in un periodo denso di avvenimenti, anche tragici. Le scarse lettere non ne parlano, e così non sappiamo che cosa Heinrich pensasse della Montagna
incantata del 1924, per molti il capolavoro di Thomas, e del Nobel al fratello nel 1929. Non c’è commento al discorso dell’ottobre 1922 in onore di Gerhard Hauptmann (Nobel nel 1912), nel quale Thomas s’espresse a favore della repubblica e della democrazia, che «io chiamo umanità... La repubblica è un amor fati ed è l’unico comportamento corretto». Prima era un orrore, ora è l’unica salvezza. La delusione degli antidemocratici per il passaggio di Thomas Mann alla fede repubblicana fu enorme. Ci fu anche consenso. Il romanista E. Robert Curtius scrisse che il discorso di Mann era «la più bella, gentile, significativa e importante manifestazione» dello spirito tedesco dal 1918.
Henrich e Thomas erano ora sulla stessa barca.
1933, il disastro, l’esilio
Il 30 gennaio 1933 Hitler divenne cancelliere, il 27 febbraio l’incendio del Reichstag dette motivo ai nazisti di soffocare le opposizioni. Il 21 febbraio Heinrich si trasferì in Francia, e divenne portavoce dell’esilio tedesco. La sua attività contro il nazismo fu indefessa, con centinaia di articoli in tedesco e in francese. Thomas, di ritorno con la moglie da un viaggio in Europa si fermò ad Arosa, in Svizzera, per qualche giorno di riposo. I figli e amici di Monaco l’ammonirono a non tornare. Dopo la guerra si trovò il suo nome in una lista di persone che dalla frontiera dovevano essere internate a Dachau. Nel marzo 1933 comincia l’esilio per Thomas e Katia. Da Lugano, il 16 aprile Thomas scrive al fratello che una «porcheria» come quella in Germania non aveva precedenti. Dopo un soggiorno in Francia, si stabiliscono a Zurigo.
In Germania era iniziata la Gleichschaltung, l’adeguamento delle istituzioni, della legislazione e della vita sociale al nazismo. Tutto procedeva senza resistenze, e Thomas esprime pessimismo circa la durata del regime, per la debolezza delle forze che avrebbero dovuto contrastarlo. Heinrich gli scrive che la «rivoluzione» nazista avviene all’insegna della «plebe contro lo spirito» e nell’ottobre 1933 che «il mondo collabora ubbidiente con ogni drammatica svolta dei due dittatori» Hitler e Mussolini. Il 18 novembre Heinrich sbigottito l’informa d’avere conosciuto un giovane giornalista francese «ebreo e fascista», a conferma della confusione. Il 24 aprile 1934 Thomas scrive che sente la Germania sempre più lontana, ed è ciò che desidera. È attivo nell’ammonire che con Hitler al potere la guerra è inevitabile, quando personaggi come Churchill consideravano Hitler un malore passeggero. Il 26 settembre 1935 si congratula con Heinrich per La giovinezza di re Enrico IV, che sarà un successo mondiale. Nella dedica a Thomas, Heinrich aveva scritto «All’unico che mi è veramente vicino».
Il redattore del quotidiano elvetico «Neue Zürcher Zeitung» Eduard Korrodi scrisse il 26 gennaio 1936 che la letteratura tedesca era in Germania. Quella emigrata era ebraica. Thomas gli risponde il 3 febbraio che era una fandonia (nella lettera ad Heinrich dell’11 febbraio parla di «meschinerie e di squallore») perché emigrati sono molti autori tedeschi non ebrei e ne fa un elenco. È la conferma dell’aperta solidarietà con l’emigrazione, ebraica e non ebraica. A Heinrich l’11 febbraio 1936 scrive che è stata per lui una «necessità psicologica dire all’onnipotente marmaglia al potere in Germania quel che penso di loro, che non temo la loro vendetta... e che rifiuto il Terzo Reich». Nel dicembre 1936 l’Università di Bonn gli toglie la laurea ad honorem e Thomas conferma in una lettera l’opposizione al nazismo.
In America
Nel 1938, dopo l’annessione dell’Austria al Reich, Thomas e Katia emigrano negli Stati Uniti, dove Thomas ha un incarico di lecturer in the Humanities all’Università di Princeton. Nel 1940 si trasferirono in California e nel 1944 diventarono americani. Nel 1940, dopo una fuga drammatica dalla Francia, li raggiunse Heinrich. Già dalla prima lettera il 16 novembre 1940 si capisce che l’America gli è estranea e tale rimarrà. Il 14 luglio 1949 Thomas si congratula per l’ultimo suo libro (Il respiro), che trova «unico e senza eguali... Fantastico come ti sia riuscito di trasfigurare liricamente una saggistica concentrata». Nel diario, il 12 luglio 1949, scrive invece che non riesce a vincere la repulsione a leggerlo, e che ciò lo addolora. Erano passati i tempi delle reciproche demolizioni. In America, Thomas Mann fu il leader della cultura europea. Nonostante l’età e le scomodità dei lunghi viaggi in treno, tenne oltre 300 discorsi, fin negli angoli più remoti del Paese, per spiegare agli americani, in parte d’origine tedesca, la necessità di combattere Hitler. A partire dall’ottobre 1940 incise 55 appelli che erano trasmessi da Londra alla Germania (Deutsche Hörer!).
Egli ammonisce i tedeschi che per tornare fra i popoli civili devono confrontarsi con il loro orribile passato. Cosa che, dopo iniziali difficoltà, faranno più di ogni altro popolo. Nel 1950, dopo essere stato nominato presidente della Accademia delle Arti a Berlino Est, Henrich muore improvvisamente prima di lasciare l’America. Thomas e Katia tornano a Zurigo nel 1952 per sfuggire alle maglie dell’isteria anticomunista di Joseph McCarty, che considerava Thomas Mann un comunista mascherato, perché era stato antifascista in un periodo in cui solo i comunisti lo erano. Muore a Zurigo nell’agosto del 1955.