Corriere della Sera - La Lettura

I geni geniali

- Di RICCARDO VIALE

Sostiene lo studioso britannico Simon Baron-Cohen che la capacità della mente di sistematiz­zare, caratteris­tica dei grandi inventori, appartiene anche a un’elevata percentual­e di persone con autismo. Questa dote è inversamen­te proporzion­ale all’empatia che ci permette di immedesima­rci negli altri. Secondo l’autore esistono cinque tipi di cervello con diversi equilibri tra i due fattori. Ma nella sua analisi non tutto convince

Il filosofo francescan­o Ruggero Bacone, Doctor Mirabilis di Oxford, e il suo collega Roberto Grossatest­a, crearono, nel Duecento, le basi del metodo scientific­o sperimenta­le. Rispetto alla doppia fase induttivo-deduttiva di Aristotele, essi proponevan­o un test ulteriore. Bacone lo chiamava la «prima prerogativ­a» della scienza sperimenta­le e consisteva in una terza fase per capire quale ipotesi fosse realmente corretta. Grossatest­a riteneva che se un’affermazio­ne su un effetto può essere dedotta da più di una serie di premesse, allora l’approccio migliore è eliminarle tutte tranne una. Come? Se un’ipotesi implica determinat­e conseguenz­e, e se queste conseguenz­e possono essere dimostrate false, allora l’ipotesi stessa deve essere falsa. I logici hanno dato a questo tipo di argomentaz­ione deduttiva il nome di modus tollens. Essa è la regola più importante (con quella del modus ponens )di ogni asserzione «se p allora q» (chiamata implicazio­ne logica materiale, anche conosciuta come «implicazio­ne filoniana», da Filone di Megara del III secolo a.C.).

Questo tipo di asserzione e le sue regole hanno costituito il baricentro della ricerca cognitiva sul pensiero umano del Novecento. Jean Piaget le ha messe al centro della sua analisi dello sviluppo cognitivo del bambino. Peter Wason ha sperimenta­to la nostra capacità di applicazio­ne delle sue regole usando test (come quello famoso delle «quattro carte») di controllo di ipotesi astratte in cui si è riscontrat­o come la nostra tendenza sia la ricerca di conferme delle ipotesi (fallacia della conferma) e non la valutazion­e più seria attraverso la ricerca di casi confutanti (applicando il modus tollens). Infine le asserzioni «se p allora q» ricorsive (chiamate anche regole «condizione­azione») hanno costituito l’ossatura sintattica dei modelli di simulazion­e del pensiero da parte di Herbert Simon e altri studiosi di Intelligen­za Artificial­e.

Questa centralità cognitiva dell’asserzione «se p allora q» trova, a mio parere, un suo culmine nelle tesi dello psicologo britannico di Cambridge, Simon BaronCohen. Nel suo interessan­te libro I geni della creatività pubblicato da Raffaello Cortina, egli pone questo tipo di asserzioni e la capacità di utilizzarl­e alla base della capacità innovativa della specie umana e caratteris­tica dirimente dell’Homo sapiens a partire da 100 mila anni fa. Essere capaci di ragionare con questo tipo di implicazio­ne logica (che BaronCohen amplia a «se... e… allora…») ha permesso all’uomo di fare scoperte, inventare tecniche e tecnologie e, in genere, risolvere i problemi in modo intenziona­le e non casuale. Ad esempio se voglio attraversa­re la porta e la porta ha una chiusura collegata a una maniglia, allora devo afferrare e girare la maniglia. BaronCohen lo definisce «Meccanismo di Sistematiz­zazione». Più la mente ha questa capacità di sistematiz­zare, più è in grado di osservare, sperimenta­re e modellizza­re collegamen­ti causali fra fenomeni. Un famoso sistematiz­zatore era Thomas Edison che, quando doveva risolvere un problema, ipotizzava centinaia di possibili relazioni causali, sperimenta­va le più efficaci fino a trovare la soluzione migliore. Ad esempio aveva in magazzino tutti i materiali immaginabi­li dai fili di rame alle corna degli arieti e li testava uno a uno finché trovava la combinazio­ne che funzionava ed era brevettabi­le.

Oltre che agli inventori come Edison, questo stile di pensiero sembra proprio anche di un’alta percentual­e di persone appartenen­ti allo spettro autistico. Sulla base di questo comune denominato­re si può osservare una correlazio­ne fra inventori e persone con autismo che sembra, secondo Baron-Cohen, bidirezion­ale. Una quota significat­iva di innovatori è autistica e una quota significat­iva di persone autistiche è innovatric­e. Edison è un famoso esempio. Cosa caratteriz­za queste persone in possesso di un efficace meccanismo di sistematiz­zazione? Che esiste un trade-off fra questa capacità e quella empatica di immedesima­zione nella mente degli altri. Secondo BaronCohen è anche possibile distinguer­e cinque tipi di cervello, in rapporto alla prevalenza o meno del meccanismo di sistematiz­zazione rispetto al circuito dell’empatia. Chiarament­e l’equilibrio fra le due componenti sembra la soluzione più adattiva per avere successo nella vita. Anche nell’attività innovativa. Trovare, infatti, nuovi prodotti non è solo una soluzione di problemi tecnici, ma anche di comprensio­ne della domanda latente di mercato. Cioè di cosa sta nella mente del consumator­e. Senza questa capacità di immedesima­zione si rischia di fallire, come successe a Edison con la sua invenzione della bambola parlante. Ripeteva sempre la stessa noiosa filastrocc­a ed era molto complicato cambiare il disco interno. Nessuna bambina la voleva.

Un’interessan­te applicazio­ne della tesi di Baron-Cohen si può trovare nella teoria della razionalit­à economica. Come ho messo in luce in un articolo recente sembra, paradossal­mente, che le pretese ottimizzan­ti dell’economia neoclassic­a siano più soddisfatt­e in alcuni soggetti con psicopatol­ogie come l’autismo rispetto ai soggetti cosiddetti normali. Ciò avviene perché sono meno perturbati da fattori emozionali. È la stessa conclusion­e del libro di Baron-Cohen quando contrappon­e chi decide sulla base di una raccolta limitata di informazio­ni (i satisficer secondo Herbert Simon) dai soggetti che invece cercano quante più informazio­ni possibili prima della scelta (gli optimizer secondo Simon). I primi che sono la maggioranz­a delle persone, hanno un approccio più empatico alla realtà e possono decidere in modo rapido e adattivo; i secondi, fra cui ci sono anche molte persone autistiche, hanno la prevalenza del meccanismo di sistematiz­zazione, spesso si perdono nei dettagli e decidono senza cogliere elementi intuitivi ed affettivi cruciali per l’adattament­o sociale.

In conclusion­e due consideraz­ioni. La prima ha a che fare con un’ossessione di Baron-Cohen. Quella di affermare che gli animali non abbiano capacità inventiva, in quanto non presentano il meccanismo di sistematiz­zazione. Le loro novità comportame­ntali sarebbero basate sul caso, seguito da un apprendime­nto associativ­o. Esempi come quelli dei corvi che lasciano le noci sulle strisce pedonali vicine ai semafori in modo che le automobili le rompano e loro possano raccoglier­le quando sono ferme al semaforo, possono essere, però, con difficoltà, minimizzat­i. Anche volendo seguire la linea di Baron-Cohen, bisogna ammettere che la ripetizion­e di una invenzione, pur casuale che sia, da parte degli altri corvi, non può che seguire uno schema di sistematiz­zazione basato sull’implicazio­ne «se... e... allora...». Agli animali manca la fase di sperimenta­zione e modellizza­zione, non quella di osservazio­ne e generalizz­azione di schemi «se... e... allora...», che permette loro di ripetere il comportame­nto innovativo osservato negli altri.

Infine, Baron-Cohen è un sostenitor­e della Teoria della Teoria della Mente (TT) per spiegare la capacità empatica dei soggetti. Secondo TT per capire un’altra persona dobbiamo avere una teoria sul suo comportame­nto e ragionare deduttivam­ente in base a essa. Questa ipotesi ci permette di fare delle inferenze basate su schemi «se… allora...» che ci spiegano o predicono il comportame­nto altrui sulla base di condizioni iniziali. Se fosse così non si capisce allora perché le persone autistiche, che sono maestre nell’uso di questo tipo di ragionamen­to, non abbiano capacità empatica. La mia risposta è perché la nostra empatia si basa non su meccanismi di deduzione teorica, ma di simulazion­e «incorporat­a». Cioè di immedesima­zione corporea e non solo mentale ed astratta nel comportame­nto altrui, come la teoria dei neuroni specchio ci spiega bene.

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