Corriere della Sera - La Lettura
Il luna park di Guillermo del Toro
Torna un cult che si avvicina, per suggestioni, al filone del gotico americano. L’autore, William Lindsay Gresham, l’ha ambientato tra eccentrici personaggi che ricordano certi videogiochi. Il regista ne ha tratto un film: uscirà in inverno
Spettacolare e carnevalesco è Nightmare Alley di William Lindsay Gresham edito da Sellerio nell’ottima traduzione di Tommaso Pincio. Un romanzo di culto che non si pone lontano, per suggestioni, dal filone southern gothic. È come se la scrittura gotico-americana, frizzante e accattivante, di Truman Capote in Altre voci, altre stanze vibrasse nel mondo dei luna park itineranti anni Trenta. Il romanzo non rinuncia, però, a un ritmo noiristico e seduttivo vicino a Santuario, il gioiello di William Faulkner.
A conferire un andamento conturbante all’opera di Gresham sono anche i capitoli che vantano titoli e annunciano la narrazione, attraverso una serie di xilografie delle singole carte dei tarocchi. Il lettore è così guidato e catapultato nelle trame mutevoli del destino del protagonista, il giovane Stanton Carlisle. Illusionista di talento, immaturo prestidigitatore, lavora per la compagnia «AckermanZorbaugh Monster». Si trascina di città in città americane con il baraccone mentre partecipa allo spettacolo di mostri. A fare da sfondo all’ascesa a tutti i costi di Stan — tra una congerie di attrazioni —, ci sono Clem Hoately, titolare del luna park, l’imbonitore, il mangiabestie che divora serpenti e altri animali vivi, Molly Cahill (Mam’zelle Electra) con la sua attrazione voltaica sulla sedia elettrica. E poi il vecchio Maguire, bigliettaio e presentatore delle dieci attrazioni, ma soprattutto Zeena, «la donna che sa tutto», sensuale veggente, con il suo fasullo spettacolo di trasmissione del pensiero. Una sibilla truffaldina di cui Stanton si innamora nonostante sia sposata con un altro circense della compagnia, Pete, caduto in disgrazia. Una disgrazia che si consuma nella sua morte: per una bevuta di troppo o a causa di qualcuno?
La sventura però non frena le mire di Stanton, che non si accontenta di conquistare Zeena, ma vuole imparare da lei il suo numero, i suoi oroscopi, i suoi trucchi, come a volere sostituire il defunto Pete. Il giovane possiede una feroce, ma ancora acerba, consapevolezza delle sue capacità di convincimento. Stan difatti si burla dei più con una fine dialettica da predicatore, li abbindola sulle loro sorti. Ha intenzione di costruire un impero sulla menzogna, sulla finta magia. Un impero farlocco fondato anche sui finti sentimenti, perché dei piani tracotanti del ragazzo non fa parte solo Zeena ma anche la delicata Molly, Mam’zelle Electra.
Fino a quando il caso e la fortuna sorrideranno a Stan? Quale carta lo aspetterà alla fine del suo giro? «Il mondo è mio, Dio santo! Il mondo è mio! Tengo la gente in pugno e posso farne ciò che voglio. Il mangiabestie se la cava con il whisky. Gli altri bevono altro: bevono promesse. Bevono speranze. Io devo solo offrirgliele. E ne ho a iosa». Nightmare Halley sul piano strutturale e immaginativo dà anche la stupefacente impressione che si sviluppi come le avventure grafiche. Viene in mente il recente Thimbleweed Park e l’iconica serie Monkey Island della LucasArts in cui il mondo dei luna park è un pezzo di microcosmo dove si consumano occasionalmente le disgrazie e da cui si avviano — risolvendo gli enigmi — le soluzioni alla vita dei personaggi. Lo stesso mondo in cui si svolge l’esistenza di Stan e nel quale si risolve, con il movimento di un videogioco, il suo cammino.
È quindi naturale, vuoi per le potenzialità visionarie e videoludiche, vuoi per le mostruosità dei personaggi, che Guillermo del Toro si sia appassionato al romanzo. Il regista messicano, premio Oscar, che ci ha regalato capolavori cupi come Il labirinto del fauno e La forma dell’acqua, porterà infatti sul grande schermo — il 3 dicembre 2021 in America e dal 27 gennaio 2022 in Italia — il film tratto dal libro di Gresham. A suo dire la pellicola sarà fedele, al meglio, al libro. Gli attori sono talenti veri: Bradley Cooper nei panni di Stan, Cate Blanchett nei panni di Zeena, Willem Dafoe in quelli di Clem, Rooney Mara nei panni di Molly.
Basterà un regista così intelligente a rendere merito a un libro che, con una scrittura energica e tormentata, si imprime nella psicologia del lettore come se girasse nel frattempo lui stesso le carte a mo’ di chiromante?
«Polvere quando c’era il sole. Fango quando pioveva. A forza di imprecare, ribollire, sudare, tramare, corrompere, sbraitare e imbrogliare, i baracconi procedevano per la loro strada. Arrivavano di notte come una colonna di fuoco, portando fermento e novità in cittadine sonnacchiose: luci, rumori, la possibilità di vincere una coperta indiana, un giro sulla ruota panoramica, la vista del selvaggio che accarezza i serpenti come una madre accarezza i suoi piccoli. Quindi svanivano nella notte e quale prova del loro passaggio lasciavano l’erba calpestata del campo, i resti delle scatole di popcorn, le palette per il gelato arrugginite».
L’attore Bradley Cooper interpreterà il protagonista, Stanton. Un ruolo che nel 1947 fu di Tyrone Power