Corriere della Sera - La Lettura
Indagine su una stagione contro
racconta a Padova partendo dall’omicidio irrisolto di una donna Un affresco a più voci dove il frastagliato quadro politico di quell’epoca si incrocia con una vicenda sentimentale
Mentre passiamo bruciando di Raffaella Battaglini è un romanzo di voci. Sono voci recuperate tra gennaio 2005 e novembre 2009 nei luoghi di ritrovo più impensati in Italia e in Europa, India o Americhe, fissate su nastro magnetico da una irriducibile cronista, tale Antonietta P., per una tesi di laurea su «Teorie e pratiche rivoluzionarie in Italia nella seconda metà degli anni 70», mai portata a termine. Materiale dunque da «manoscritto ritrovato»; e ricchissimo, perché Antonietta P. si ritrova a incrociare il quadro politico con una complessa vicenda sentimentale, la cui protagonista, Laura, finisce misteriosamente assassinata. Di qui un ribaltamento nell’indagine, perché quel gettarsi anima e corpo nella ricostruzione del delitto — «affascinata» dalla vittima, quasi «si fosse identificata» con lei, per dirla con le parole di chi ha rinvenuto queste registrazioni —, proprio per l’ingovernabilità della protagonista l’ha portata a muoversi dentro gli interi anni Settanta dalle molte facce e dai tanti sogni e vite spezzate.
Quel delitto di febbraio 1981 veniva a coincidere con il «grande e ben noto processo in cui erano imputati i principali esponenti del movimento a cui tutti avevamo aderito», conseguente agli arresti del 7 aprile 1979: «Processo che per l’appunto si incaricò di chiudere definitivamente il famoso decennio».
I fatti offerti sono suddivisi in tre differenti momenti caratterizzati da titoli di film: Fat City 1975-1981; Looking for Mr. Goodbar 1971-1982; Coming Home 19791981: date sotto le quali stanno tre differenti piste di indagine, pur nella precisa sequenza temporale delle interviste.
Un omicidio, dunque, in «una grande casa antica» di Padova sul quale, ricorda l’io narrante che ha rinvenuto le registrazioni, «principalmente a causa, io credo, della personalità della vittima», dal carattere «originale» e dai «comportamenti imprevedibili», giravano le più diverse interpretazioni e fantasie. La vittima, Laura, era sposata con Nanni, «un bravissimo compagno», la cui casa, dopo il matrimonio, «è diventata il punto di riferimento per un’area estremamente variegata di persone», nella quale «succedeva un po’ di tutto». Nella vita di Laura entra però un misterioso Emilio, «un uomo braccato, reduce da non so quante azioni armate, che viveva recluso in appartamenti provvisori, cambiando di continuo identità». Di qui dunque le varie ipotesi da giallo. Ma soprattutto una ricostruzione di quegli anni quanto mai rilevante nella capacità di fare emergere tanti movimenti frastagliati di quel periodo, offrendoli «dal vivo» grazie alla pluralità di voci che ne ridanno lo specchio della complessità, con le incertezze, contraddizioni, ingenuità dei protagonisti, in un percorso narrativo dove vissuto, quotidianità, idealità, sogni, dubbi, furbizie si incrociano di continuo.
Nella ricostruzione globale entrano cultura (letteratura e arti varie), femminismo, sessualità, maschilismo, droghe, sfaccettature della politica, con storie di individui ciascuno con una propria verità o incertezza, o visioni di quel tempo con difesa accanita delle posizioni d’allora rivissute più per i contrasti tra i differenti gruppi che con lo Stato. Una stagione rivissuta nei termini d’una memoria ora nostalgica, ora mitica, ora da rimuovere, specie per chi è finito in galera o oggi lavora in banca o in strutture governative. Nella costruzione narrativa il «girotondo» alla Schnitzler delle interviste si salda con la circolarità documentale del Camilleri di La concessione del telefono. L’autrice opera una costruzione a mosaico: le tessere si richiamano vicendevolmente quasi come le briciole di Pollicino, portando il lettore da una voce a un’altra che può risultare una tessera di colore differente. Ne viene l’affresco d’una utopia spezzata in tante utopie, proprio per l’individualità delle risposte dentro la comune volontà di cambiamento, che aveva chiaro soprattutto il «contro».
Un affresco musicale che Raffaella Battaglini, autrice di teatro — fatta salva qualche limatura, qualche voce non riuscita (ad esempio Tévez), riapparizioni che stonano (Carmelo Bene, Piero V.) —, gestisce con fascino e sicurezza, lavorando felicemente su espressività, stili, cadenze nei vari toni di confessione, rimorso, testimonianze, nostalgie o resoconto, portati alla caratterizzazione dei singoli personaggi, anche quando mentono e vengono sbugiardati (sia nella forma di monologo ininterrotto sia in quella di spezzature dovute a richieste di precisazioni dell’intervistatrice Antonella P.).