Corriere della Sera - La Lettura

Chi ha ucciso il cugino dell’investigat­rice?

Dopo «I re della truffa», arriva la seconda avventura di Siamo solo all’inizio

- Di MARCO BRUNA

Sara Paretsky ha inventato la detective di origini italopolac­che V. I. Warshawski durante una riunione di lavoro, in un ufficio che affacciava su Grant Park, a Chicago. Era un giorno cupo di ottobre, inizio anni Ottanta. Prima di dedicarsi alla narrativa, Paretsky (1947) era impiegata in una compagnia assicurati­va. Quella mattina, il suo capo parlava ininterrot­tamente. Quasi per reazione all’ambiente che la circondava, la sua fantasia letteraria partorì «una donna che non ha paura di dire ciò che pensa».

V. I. sta per Victoria Iphigenia, ama il whisky Black Label (in alternativ­a non disdegna il

Chivas, «adeguato sostituto»), è laureata in Legge e vive in un vecchio trilocale a Chicago. Ha un carattere rissoso, eredità dell’infanzia nel South Side, una delle zone più difficili della città. V. I. è protagonis­ta di una serie di venti romanzi, alcuni dei quali in corso di ripubblica­zione da minimum fax. Dopo re della truffa (1982) — l’esordio della detective in un mondo letterario allora dominato da protagonis­ti maschili — è appena uscito Vicolo cieco (1983; edito in Italia per la prima volta da Sonzogno nel 1992).

Specializz­ata in crimini finanziari, V. I. ribalta lo stereotipo della narrativa crime, che ha

Isempre ritratto i personaggi femminili come seduttrici incallite o donne dall’aura virginale. V. I. Warshawski, divorziata e senza figli, non appartiene a nessuna di queste categorie: è una femminista convinta di avere le stesse capacità di prendere i cattivi dei suoi colleghi. In Vicolo cieco ,V.I.haache fare con un caso che la tocca da vicino. Il cadavere di suo cugino Bernard «Boom Boom» Warshawski, ex star dell’hockey, è appena stato ritrovato. La prima versione della storia è che

Boom Boom sarebbe scivolato dalla banchina di un molo pubblico di Chicago, intorno alle dieci di un lunedì mattina, venendo maciullato dall’elica della bagnarola Bertha Krupnik. L’altra versione è che il salto dalla banchina non sarebbe stato accidental­e. Boom Boom si sarebbe suicidato. Era nei guai per via di un furto di documenti sensibili alla Eudora Grain Company, dove era impiegato e dove suo padre aveva lavorato come scaricator­e. Si dice anche che Boom Boom fosse depresso da tempo: la sua carriera sportiva era andata in malora dopo tre interventi chirurgici alla caviglia. La sera prima di morire, Boom Boom aveva cercato invano V. I.

Nessuna delle versioni sulla morte convincono l’investigat­rice

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