Corriere della Sera - La Lettura
MOLTO PIÙ DI UNA STORIA CHICANA
Se si parla di letteratura chicana in Italia, è possibile che non emerga alcun nome, ma se ne esce uno sarà senz’altro quello di Sandra Cisneros, di cui La nuova frontiera sta ripubblicando l’opera integrale.
Il suo romanzo La casa di Mango Street, uscito nel 1984 (pubblicato in Italia da Guanda nel 1992 con la traduzione di Paolo Zaninoni e poi da La nuova frontiera nel 2005, che ora lo ripropone in una nuova veste, con la traduzione di Riccardo Duranti) è diventato nel frattempo un pilastro indiscusso degli «studi chicani», introdotti nel sistema accademico americano dopo lunghe lotte da parte degli studenti americani di origine messicana, che si sentivano distanti sia dalla patria dei loro antenati, sia da quella d’adozione: «A cavalcioni tra due culture, ma senza appartenere a nessuna delle due», per dirla proprio con le parole di Sandra Cisneros, nata a Chicago, unica femmina tra sette figli di una famiglia ben radicata nella metropoli americana ma con nonni e bisnonni direttamente coinvolti nella storia del Messico.
Cisneros è stata la prima chicana a pubblicare i propri testi con una «major» americana — la Random House di Toni Morrison, Cormac McCarthy e Margaret Atwood, tra gli altri —, cosa che la ha permesso di aprire uno spazio, prima inesistente, per la letteratura chicana, non solo nello specifico senso etnico e linguistico, ma anche rispetto alle più ampie problematiche legate al crescere e vivere in comunità di origine diversa rispetto al Paese di appartenenza.
Undici libri più tardi, Cisneros è arrivata addirittura a trascendere la letteratura chicana di cui può essere a buon diritto considerata, se non proprio la fondatrice, la «madre nobile». Se lo ha fatto, è stato grazie alla sua capacità di partire dal particolare — lo specifico storico, sociale ed etnico — per arrivare al generale: nel suo caso, la condizione della donna nella contemporaneità. Leggere, dopo La casa di Mango Street, i racconti di Piccoli miracoli, per credere.