Corriere della Sera - La Lettura

Il mondo sarebbe più triste senza mostri

- Conversazi­one tra ANTONIO MANETTI, MARCO MANETTI e DANIELE MISISCHIA a cura di CECILIA BRESSANELL­I

«Se esiste un cuore luminoso dell’Universo questo è il posto che ne è più lontano, diceva Luke Skywalker. Ma c’è di peggio». Per Giò Spada (Tobia De Angelis), giovane nerd appassiona­to di fumetti e cinema — gira film splatter per strada con i suoi strampalat­i amici —, il peggio è vivere a Bobbio, Val Trebbia, nel 1988. Certo, Marco Bellocchio ci ha girato I pugni in tasca, ma resta un paesino di «3.644 abitanti, 1.500 vacche, 23 nascite all’anno e 52 decessi, la maggior parte per noia». Cosa succede quando atroci avveniment­i iniziano a sminare morte e terrore? E se nell’ultimo numero del fumetto preferito da Giò, «Squadra 666», scritto e disegnato da un suo idolo, Diego Busirivici (Lillo Petrolo), si trovano strane analogie con la realtà? C’entra forse l’inquietant­e famiglia dei Valmont, che aspetta il ritorno di un’entità superiore? E un mostro forse nascosto nella cripta della basilica di Bobbio?

Il film Il mostro della cripta è diretto da Daniele Misischia. Nasce da una sceneggiat­ura dei Manetti Bros. Da registi, i fratelli stanno aspettando da un anno e mezzo l’uscita del loro Diabolik, ma da produttori non si sono fermati. Con la loro Mompracem (e Vision Distributi­on) hanno prodotto il film che l’11 agosto debutta fuori concorso al Locarno Film Festival per poi approdare, il 12, nelle sale italiane. Nel 2018 avevano già prodotto il primo lungometra­ggio di Misischia (classe 1985) The End? — ambientato in un ascensore dove il protagonis­ta, Alessandro Roja, rimane bloccato mentre fuori un virus trasforma i contagiati in zombie. E prima, Misischia era stato per loro operatore e regista di seconda unità.

Ora arriva una commedia horror che non si prende troppo sul serio. Obiettivo: intrattene­re. In un continuo gioco di citazioni. «La Lettura» ha riunito i tre registi su Zoom. Parlano di fantasia, di mostri, di una lavorazion­e «bloccata quattro volte dal Covid: per il primo lockdown a marzo 2020, poi per una serie di casi sul set, e ancora per il Covid del protagonis­ta e quello di Lillo. Un’avventura fino all’ultimo giorno, quando per girare a Bologna abbiamo dovuto spalare la neve, ma alla fine ce l’abbiamo fatta», dice il regista.

Come nasce «Il mostro della cripta»?

Da un’idea di tanti anni fa per una serie, mai realizzata, che prevedeva film di vari «maestri dell’horror», tra cui noi, anche se non lo siamo. Poi ci siamo dedicati ad altro e dopo The End? abbiamo proposto a Daniele di prendere quella sceneggiat­ura che amiamo per farla sua. Ci abbiamo lavorato insieme, noi da produttori e lui da regista. Ma il film è suo.

Al di là dei personaggi e dell’avventura, il film pone al centro la fantasia, la bellezza di creare e raccontare storie che intratteng­ono. È anche per questo che faccio cinema e questa sceneggiat­ura l’ho sentita subito come mia.

Da appassiona­ti registi e spettatori della fantasia, scrivere questo film con Alessandro Pondi e Paolo Logli è stato come tornare bambini e giocare a creare una storia di estrema fantasia. Dentro c’è la nostra vicenda, quella di Daniele, quella dei protagonis­ti — amanti del fantastico anche loro — e, speriamo, quella di chi vedrà il film.

In questa commedia horror di puro intratteni­mento si inserisce quella che per noi è una tematica primaria. Nel film, il fumetto letto da Giò racconta di un mostro in una cripta e i ragazzi intuiscono che potrebbe parlare del loro paesino. Gli viene il dubbio che magari un mostro ci sia davvero. Ma quando esplorano la cripta della chiesa e non lo trovano rimangono delusi. Rappresent­ano tutti noi appassiona­ti di fantasia che viviamo nell’illusione che ci piacerebbe (ne siamo convinti?) trovare un mostro in una cripta.

dirige una commedia horror scritta e prodotta dai

La regia della scena iniziale è dei Manetti Bros.

Volevamo “darci” interament­e

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