Corriere della Sera - La Lettura
Asja Lacis
Abbracciò la Rivoluzione d’ottobre e il teatro con la stessa passione, attraversò l’Europa, frequentò intellettuali e artisti, si legò a Walter Benjamin, fu perseguitata da Stalin, dialogò con i leader del Sessantotto. Un’esistenza leggendaria
Una prima infanzia trascorsa nelle campagne della Lettonia, un padre di idee progressiste che vuole per lei una vita istruita e indipendente. È grazie agli studi a Riga che Asja Lacis si affranca da quel mondo rurale che la costringeva a vivere in «un angolino dietro al telaio» e comincia il suo incessante peregrinare. La tappa successiva sarà l’università di Pietroburgo, dove arriva con un fagotto e un rublo in tasca e dove comincia a interessarsi al mondo del teatro grazie all’imperversare ubiquo del regista dei Teatri Imperiali, Vsevolod Mejerchol’d, da lei stessa definito Dottor Dappertutto. È presente alla rappresentazione del primo Teatro Futurista Del Mondo, portato in scena da un Vladimir Majakovskij addobbato nella sua leggendaria blusa gialla da bellimbusto. Il pubblico urla e offende, Majakovskij tuona e fustiga i benpensanti, Asja impara.
Trasferita nella labirintica Mosca per studiare scienza teatrale, costretta per mantenersi a insegnare storia biblica — lei, che si autodefinisce atea militante — in una scuola per profughi, l’adesione alla rivoluzione bolscevica è immediata. Il teatro irrompe nella strada, la strada nel teatro: l’ottobre teatrale la vede protagonista, disposta a modificare la propria vita secondo i dettami rivoluzionari.
Il libro curato da Andris Brinksman mostra le tappe di questo suo agire, scandito dai nomi delle città dove Asja svolge la sua attività affiancandosi ai protagonisti delle avanguardie del secolo. Parte da Orël come regista del teatro cittadino, dove getta le basi per un teatro gestito completamente dai bambini abbandonati. Poi ancora Riga, dove il partito comunista è fuorilegge, e la polizia irrompe e arresta registi e attori nel tentativo di stroncare un teatro perseguitato fatto di propaganda e letture sovversive.
La sua proposta di una educazione estetica suscita l’entusiasmo di Hanns Eisler, incontrato a
Berlino, che le offrirà di aprire un teatro nella Karl-LieknechtHaus, il cui manifesto programmatico di «teatro proletario di bambini» verrà stilato nientemeno che da Walter Benjamin.
Attorno a Asja comincia a vorticare un intero mondo intellettuale, che di volta in volta la vedrà a Berlino assieme a Fritz Lang e a Bertolt Brecht, che la condurrà con sé a Monaco, poi a Capri, luogo di residenza di Maksim Gor’kij, frequentato da Filippo Tommaso Marinetti, dove avviene un incontro fondamentale. Viene avvicinata con una scusa da un «solido intellettuale benpensante» dal fare maldestro e dagli occhi che emanano bagliori, che di lei scriverà nel suo Strada a senso unico: «Se lei mi avesse sfiorato con la miccia del suo sguardo, io sarei volato in aria come un deposito di munizioni». L’uomo che resta incatenato da quella intellettuale rivoluzionaria che «per strada non cammina, ma svolazza», è Walter Benjamin.
Comincia una frequentazione intermittente e ricchissima. Compiranno un viaggio a Napoli dove restano affascinati dalla ricca barbarie del popolo, dove l’architettura come la vita è porosa, improvvisata. Ogni finestra, ogni scala, ogni balcone appaiono insieme come palcoscenico e loggione per recite impenetrabili allo straniero. Ne ricaveranno un acutissimo saggio che di per sé vale la lettura del presente libro. Poi Berlino, Mosca, di nuovo «distaccata in Germania» come fosse un soldato a prendere contatto con la Lega degli scrittori proletari, di nuovo in fuga, accusata di essere l’agitatrice rossa di Mosca dalle SA naziste.
A Murmansk e Odessa lavora come aiuto regista di Erwin Piscator, a Parigi ha modo di valutare le donne parigine, maestre di toilette e flirt, immobili, senza vita, con il sorriso e le labbra rosse. A Roma dove, partecipando a una udienza dinnanzi a Papa Pio XI, verrà obbligata a indossare veli scuri sopra al suo costume in stile tartaro di color arancione acceso, nel tentativo di uniformarla alle altre donne presenti, tutte immancabilmente vestite di nero. Troverà l’ardire di non abbassare gli occhi davanti al Pontefice, non bacerà l’anello che viene porto, ricevendo in cambio un sussurro in risposta da parte del Papa: «Mosca». Che grande teatro, il Vaticano, che regia brillante, conclude Asja.
Fino a quando quella «forza irresistibile mi spinge a salire su un treno per raggiungere una città che non conosco» si arresta di colpo sotto l’accusa di una sospetta frequentazione con gli intellettuali europei. «Fui costretta a passare dieci anni nel Kazakistan», scrive laconicamente a proposito della prigionia inflittale dal regime di Stalin, riassumendo una decade terribile in una riga. Apprenderà solo al ritorno, nel 1948, del suicidio di Benjamin.
Trasferita infine a Valmiera, Lettonia, come prima regista del teatro cittadino, verrà riscoperta e riconsegnata al novero delle migliori avanguardie del Novecento grazie all’interessamento di un gruppo di intellettuali formati sulle barricate del Sessantotto tedesco che trovano casualmente in un archivio della Ddr il nome di Asja Lacis in una serie di documenti inediti di Benjamin. Inizia una corrispondenza e una collaborazione tra Asja e Hildegard Brenner, della rivista «Alternative», che porterà alla pubblicazione di una raccolta delle sue opere, raccolte sotto il titolo Revolutionar im Beruf, «rivoluzionaria di professione»; titolo che si appaia perfettamente a quello scelto per l’attuale riedizione italiana — ampliata rispetto all’originale — di Agitatrice rossa.
ANDRIS BRINKMANIS (a cura di) Asja Lacis. L’agitatrice rossa. Teatro, femminismo, arte e rivoluzione Prefazione di Marco Scotini, traduzioni di Eugenia Casini Ropa, Andris Brinkmanis e Mauro Ponzi MIMESIS Pagine 244, € 24 In libreria dal 23 settembre
Il personaggio e il libro Il volume presenta una raccolta di scritti della regista teatrale e militante lettone Asja Lacis (Ligatne, 10 ottobre 1891-Riga, 21 novembre 1979), alcuni inediti in Italia. La prima parte del libro contiene testi di carattere biografico; nella seconda e nella terza compaiono pagine teoriche e Napoli, scritto nel 1925 con Walter Benjamin Le immagini
Nella foto grande: Asja Lacis nel 1910-1912 (collezione del Museo di letteratura e musica di Riga, Lettonia); a fianco: Ritratto di Asja Lacis, disegno di Ivo Pannaggi (Macerata, 1901-1981: il cognome dell’artista si scrive con due «n») dalla collezione Mara Kimele e un ritratto fotografico realizzato nel 1914-1916 a Pietroburgo (Collezione Mara Kimele: il cognome alla nascita di Asja Lacis, Liepina, è scritto in russo); sotto: Lacis negli anni SessantaSettanta (Collezione del Museo di letteratura e musica di Riga). Tutte le immagini sono tratte dal volume edito da Meltemi