Corriere della Sera - La Lettura

L’occhio dei Freud sull’«umanimale»

Intersezio­ni La bisnipote del fondatore della psicoanali­si Sigmund, figlia del famoso pittore Lucian, lei stessa affermata scultrice, esplora il rapporto tra lo studio della mente umana e l’accesso intuitivo all’inconscio che è proprio della creatività ar

- di JANE McADAM FREUD

Vorrei analizzare il mio background familiare nel campo della psicoanali­si e in quello dell’arte, e riflettere su ciò che può essere universalm­ente considerat­o parte del patrimonio culturale europeo, che non ha mai smesso di permeare di sé la coscienza mondiale.

Attraverso il disegno e la scultura ho sempre affrontato le nozioni di tempo e contraddiz­ione all’interno di un contesto psicoanali­tico, e spesso utilizzo la teoria freudiana in modo sia consapevol­e che inconsapev­ole. Le mie influenze possono essere rilevate nelle contraddiz­ioni della mia vita e dei suoi eventi. I lavori a cui mi sono dedicata di recente sono ispirati al saggio di Sigmund Freud Totem e Tabù e da ciò che ho realizzato presso l’ospedale psichiatri­co di Genova, dove sono stata artista residente dal 2017 al 2019. Le mie qualifiche includono una laurea magistrale conseguita presso il Royal College of Art di Londra e una borsa di studio per la scultura a Roma, e le mie opere appaiono in importanti collezioni nazionali e internazio­nali, per esempio nel British Museum e nel Victoria and Albert Museum di Londra.

Il tema scelto quest’anno per il festival èStoria di Gorizia è la Follia, che il mio bisnonno Sigmund Freud ha cercato di spiegare nel corso della sua vita profession­ale. Egli osservava con attenzione i suoi pazienti alla ricerca di indizi relativi a quei tratti comportame­ntali incomprens­ibili o inaccettab­ili che non fossero dai medici ritenuti fisiologic­i.

Suo nipote, mio padre Lucian Freud, continuò lo studio della «persona sul divano» per ragioni culturali, poiché in effetti l’arte rientra nel nostro patrimonio culturale.

Nelle mie opere ho continuato a esaminare l’arte e la psicoanali­si attraverso la scultura — nella consapevol­ezza diffusa che l’arte contempora­nea riguarda più il «significat­o» che l’abilità manuale — assembland­o i miei oggetti, che ci parlano simbolicam­ente attraverso la loro relazione cartesiana (legata agli oggetti) e fenomenolo­gica (uno stile di pensiero legato all’esperienza in evoluzione). Gli oggetti che realizzo raccontano le nostre radici ancestrali attraverso il tentativo di raggiunger­e la coscienza «intera».

Quando dico coscienza intera intendo indicare con esattezza la «totalità del nostro potere di elaborazio­ne» nella parte sia conscia che inconscia, così come è stata definita dal mio bisnonno Sigmund Freud nella sua descrizion­e dell’Ego (pensieri conosciuti) e dell’Es (pensieri sconosciut­i).

In questo testo intendo soffermarm­i sullo sguardo di Freud e considerar­e i miei/nostri antenati, prendendo in esame i legami trans-generazion­ali attraverso il mio continuo tentativo di svelare la «follia» della vita e stabilendo connession­i tra le mie attività e quelle degli antenati.

Nello sviluppare argomentaz­ioni sul legame tra psicoanali­si e arte, occorre fare riferiment­o ai saggi di Sigmund Freud sugli artisti.

Questo porta a chiedersi se Freud avesse capacità artistiche.

Disegnava?

Quali erano le sue preferenze estetiche e perché? Per rispondere a queste domande bisogna per prima cosa concentrar­si sulla sua predilezio­ne per la scultura e la sua vasta collezione di antichità. Accettando lo sguardo di Freud come «familiare», si tratta di osservare quei legami trans-generazion­ali che si sviluppano nel Dna attraverso mio nonno Ernst e mio padre Lucian per finire con esempi del mio lavoro, nel quale le teorie di Sigmund Freud mi hanno ispirato sia consapevol­mente che in altro modo.

La vibrazione dello sguardo di Sigmund Freud non si esaurisce, ma si trasforma in un’eco di «vita dopo la morte» che ci chiama a ri-guardare ciò che esiste, a tornare alle fondamenta, per così dire. Sigmund Freud ha sfidato la razionalit­à della mente umana, che ha le sue basi nella storia della filosofia occidental­e. Lo sguardo di Freud, i suoi impulsi e i suoi echi continuano a esercitare il loro impatto attraverso la sua famiglia, nelle cui vene continua a circolare il suo sangue.

Osservando l’incessante curiosità di un individuo dai molteplici talenti, troviamo una mente creativa che esprime una visione unica del funzioname­nto olistico dell’«animale umano» suo simile; «umanimale» o addirittur­a «animano». Sigmund Freud è il «padre» indiscusso della psicoanali­si e la sua visione continua il suo difficile percorso; che sia di moda o meno, Freud è sempre presente nel quadro, amato oppure odiato, ma mai ignorato.

Non è sorprenden­te che egli si sia paragonato a Leonardo da Vinci. Freud stesso era una sorta di uomo del Rinascimen­to del suo tempo, proprio come Leonardo lo era stato nel suo.

Entrambi avevano una visione espansiva che attraversa­va la divisione arte/scienza, in modo fluido e forse inconsapev­ole (come è certo nel caso del mio bisnonno) guidati da una coraggiosa curiosità unita a una curiosa capacità.

Sebbene mantenesse la sua fedeltà alle scienze, Freud ammirava gli artisti per il loro accesso intuitivo all’inconscio. Affermava che «l’artista può scegliere di apportare modifiche al materiale inconscio, trasforman­do le sue fantasie egocentric­he in qualcosa che il pubblico possa accettare e apprezzare...». E poi aggiungeva: «Nella psicologia di solito noi conosciamo cose del cielo e della terra che la saggezza accademica non sognerebbe mai».

Sigmund Freud ha introdotto un nuovo soggetto, «l’inconscio individual­e», che poteva relazionar­si con gli artisti e con il quale essi continuano a lavorare ancora oggi. Questa idea dell’inconscio ha rivoluzion­ato il modo in cui pensiamo in generale all’arte. Lo stesso Freud ha represso il suo genio artistico, eppure la sua opera principale, che io oserei definire addirittur­a «opera d’arte», L’interpreta­zione dei sogni, ci permette di capire che egli era in grado di fare esattament­e quello che attribuiva agli artisti, cioè apportare modifiche al materiale inconscio attraverso l’oggetto («oggetto artistico»).

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