Corriere della Sera - La Lettura

Un pasto divino e discusso

Sacramenti L’eucarestia resta al centro della ritualità cattolica

- Di MARCO VENTURA

«Dimmi, bocca, che senti,/ quando tu m’hai tra denti?». In un madrigale d’inizio Seicento Cristo si rivolge così alla bocca del fedele che ha ricevuto l’ostia. «Di pan sento il sapore,/ che mi nutrisce il core», risponde la bocca. «Se credi che sia pane/ son tue speranze vane», risponde Gesù e proclama: «È carne quel che mangi; appunto quella/ che nel ventre io formai,/ e presi di Maria, mia figlia e ancella;/ Maria, mia madre e sposa».

Un millennio e mezzo dopo la venuta del Figlio di Dio, i versi riassumono la religione dell’incarnazio­ne, il suo mistero, il paradosso. Più di ogni altro sacramento, l’eucaristia è l’invisibile nel visibile, l’incorporeo nel corporeo: «Solo l’ostia è assoggetta­ta ai meccanismi fisiologic­i dell’essere umano in modo tanto radicale, (...) il corpo di Dio si mangia, va nelle viscere, si digerisce, si assimila e, per così dire, si espelle». Sono parole di Matteo Al Kalak, l’autore di Mangiare Dio. Una storia dell’eucarestia, il volume edito da Einaudi in cui lo storico dell’Università di Modena e Reggio Emilia studia la «corporeità del sacramento» come cifra decisiva del cristianes­imo.

Nelle 250 pagine del libro Al Kalak propone «una storia culturale» che è «una» delle tante possibili perché libera da illusioni di esaustivit­à, ma è anche «una» perché capace di ricondurre a unità narrativa e concettual­e epoche e luoghi, episodi e temi. Il viaggio che ne risulta, dall’età moderna ai giorni nostri, per lo più nella penisola italiana, cerca infatti il senso dei due millenni nel corso dei quali «la carne di un uomo-Dio» si è ripresenta­ta «ogni giorno, in ogni luogo» in cui si è celebrato quel rito, «per farsi pasto e sacrificio per i credenti». Emerge, quel deposito profondo, nell’ottobre del 1972 sui ghiacci delle Ande. Alcuni superstiti dell’aereo precipitat­o al confine tra Cile e Argentina, a 3.600 metri di quota, si salvano cibandosi dei compagni morti. Non sfugge a quei giocatori di rugby dell’Old Christians Club, squadra di una scuola cattolica di Montevideo, il significat­o del loro cannibalis­mo. «Trarre la vita dai corpi dei loro amici defunti», ricordò chi fece ritorno, fu «come trarre energia spirituale dal corpo di Cristo quando prendevano la comunione».

Teso a cogliere la «plasticità del sacramento», Al Kalak indaga i conflitti di pensiero e azione che esso ha suscitato, nella Corinto di Paolo dove i pasti rituali dei nuovi cristiani sono teatro di ubriachezz­a e ingordigia, come nell’odierno cattolices­imo globale in cui si discute di ostie Ogm e della sostituzio­ne di vino e frumento eucaristic­i con Coca-Cola, succo di ribes e pane di riso alla manioca. Il punto, sottolinea l’autore, è che l’eucarestia è «risorsa», ma anche «scandalo»: si può credere che essa conferisca «poteri prodigiosi», ma anche che non sia altro «se non un impasto di acqua e farina».

In uno sforzo di controllo sempre insufficie­nte, l’autorità cattolica è di conseguenz­a impegnata a combattere tanto chi nega il divino quanto chi ne fa magia. Così, mentre i lanzichene­cchi nella Roma del 1527 «tra loro fazeano uno circulo, con el fiato la sopiavano in alto, e come l’ostia cadeva in terra, li deva di piedi sopra», i ladri di particole del tempo speculavan­o sulla convinzion­e che baciare qualcuno tenendo l’ostia in bocca fosse «un efficaciss­imo incantamen­to amoroso».

Cinque secoli dopo, il conflitto si rinnova. Papa Francesco è per gli avversari l’antipapa che autorizza la comunione self-service, come al McDonald’s, ed è l’uomo che nella piazza San Pietro deserta, il 27 marzo 2020, brandisce l’ostensorio contro la pandemia. Per l’autore l’immagine racchiude «l’inesaurita centralità dell’eucarestia per l’identità della Chiesa cattolica». Le dispute, i dubbi, le licenze, non cancellano la forza della risposta di Cristo alla bocca: «È carne quel che mangi». Resta questo, conclude Al Kalak, «l’elemento costitutiv­o di una religione che, a duemila anni dalla sua fondazione, ancora non può fare a meno di cibarsi di Dio».

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