Corriere della Sera - La Lettura
Ospedale e famiglia: percorsi di recupero
Le strutture neuroriabilitative per gravi lesioni cerebrali, dovute a traumi, ictus e stati di sofferenza causati dal mancato arrivo di ossigeno al cervello sono un anello di un percorso che solitamente inizia in rianimazione o in neurochirurgia. «Un paziente stabilizzato ha bisogno di una struttura in grado di fornirgli un progetto riabilitativo personalizzato in base a caratteristiche cliniche e possibilità di recupero», dice Laura Simoncini dell’Unità operativa di medicina riabilitativa e neuroriabilitazione dell’Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna. «Il progetto è incentrato in gran parte sulla fisioterapia, finalizzata al recupero per quanto possibile del movimento. Ma partecipano anche altri operatori, ad esempio per il recupero del linguaggio e della deglutizione. Neuropsicologi e psicologi lavorano sugli aspetti cognitivi e relazionali, aiutando il paziente e la famiglia».
In queste strutture si trovano sia persone in coma, sia persone in altri stati di alterata coscienza. «Come lo “stato di veglia non responsiva”, chiamato anche “stato vegetativo”, termine che oggi si preferisce non usare: la persona ha gli occhi aperti ma è disconnessa dal mondo», aggiunge Simoncini. «Ci sono poi gli “stati di minima coscienza”, persone in grado di seguire con gli occhi un individuo che si muove nella stanza e di eseguire, anche se non in modo costante, semplici ordini, come afferrare un bicchiere. Si tratta di condizioni che possono durare anni ed evolvere verso miglioramenti, quasi sempre con disabilità motorie e cognitive residue, che consentono alle volte reinserimenti in famiglia e anche una ripresa della socialità. Sono attività che svolgiamo nella struttura dove lavoro, il reparto di Neuroriabilitazione codice 75 “Casa dei Risvegli Luca de Nigris”. Rispetto a strutture simili, offre ai familiari la possibilità di rimanere nella struttura e diventare parte del progetto riabilitativo».