Corriere della Sera - La Lettura
Sant’Antonio è un amico, è zio Toni, è uno di famiglia
La Basilica Dedicata al frate francescano nato a Lisbona
Racconta Suleina, 49 anni, originaria della Colombia, dal 2004 in Italia: «Venire a pregare il Santo mi fa sentire bene, mi dà pace. Sono devota ad Antonio da sempre. Anche se nel mio Paese di origine non c’è una chiesa a lui dedicata, lo si onora come un santo miracoloso. A lui mi rivolgo perché protegga mio figlio, che domenica compie 9 anni, la mia famiglia, la mia nuova casa. Oggi (venerdì 10 dicembre, ndr) sarebbe stato il compleanno di mio papà, è mancato quattro anni fa. Ho qui una candela che accenderò perché lassù Sant’Antonio lo illumini per me».
«Ho chiesto a Sant’Antonio la protezione per i miei cari e la salute, che oggi mi sembra la cosa più importante — rivela Piero, 36 anni —. Abito vicino a Padova, quando mi capita di venire in città mi fermo sempre per una preghiera al Santo. Mi regala grande conforto».
Chiede «sostegno per la sua famiglia, moglie e figlio, e i miei genitori» Emanuele, insegnante, che una volta alla settimana trascorre un po’ di tempo davanti alla tomba di Antonio. «Abito non lontano da qui, credo nell’intercessione del Santo, a lui affido il mio cuore, le mie preoccupazioni. Ritirarmi in preghiera vicino a lui mi aiuta a inquadrare meglio i problemi, a metterli nella giusta prospettiva. Lo sento vicino».
Per Elena, 47 anni, anche lei insegnante, la visita al Santo è un appuntamento settimanale. «Sono devota ad Antonio sin da piccola, mia madre portava sempre me e mia sorella Elena qui in Basilica. Ad Antonio chiedo salute per la mia famiglia. Sento che ascolta le mie preghiere, e questo mi dà conforto. Gli voglio bene, so che ci sono altri santi e altri santuari — quando visito una città cerco nelle chiese locali una statua di Sant’Antonio —, ma per me lui è unico».
Santo dei miracoli, protettore, esempio di devozione a Dio, mediatore con il divino, maestro di carità. Si è devoti a Fernando Martins de Bulhões, frate francescano che il mondo conosce come Sant’Antonio di Padova (Lisbona, 15 agosto 1195-Padova, 13 giugno 1231), per il suo legame con la vita quotidiana. A lui ci si rivolge per la protezione dei propri cari, per guai di salute, per questioni di lavoro. Problemi presenti o che si teme possano presentarsi in futuro. La secolarizzazione non ha estinto il bisogno degli esseri umani di strumenti per fare fronte all’aleatorietà dell’esistenza. Al Santo si riservano devozione e riconoscenza; è un amico, un parente a cui si può chiedere aiuto, un affetto a cui affidarsi.
Domanda «salute e lavoro» Done, 55 anni, romena, vedova, un lavoro come badante. Dal 2011 in Italia, abita a Cittadella, una trentina di chilometri da Padova. Nel suo giorno libero non manca mai
di passare in Basilica per ringraziare il Santo. «Antonio — dice — mi ha aiutata molto. Quando sono rimasta disoccupata gli ho chiesto di farmi trovare un posto di lavoro a Padova per poter venire a pregarlo. Mi ha ascoltato, vengo qui per dirgli grazie. È come un parente, ho perso mia mamma e mi sento sola, lui è papà e mamma». Le si incrina la voce. Bisbiglia: «Mi è vicino, mi ha trovato un lavoro, mi ha fatto uscire dal tunnel in cui ero entrata durante il lockdown. Vivevo in affitto con altre badanti che bevevano. Ho cominciato a farlo anch’io. Non mi faceva sentire bene, eppure non riuscivo a farne a meno. Ero sola, senza lavoro, chiuse le agenzie interinali, non si poteva uscire. Bevevo così tanto da non ricordare il giorno dopo quello che era successo il giorno prima. Ho deciso di smettere, ho chiesto aiuto ad Antonio. Le altre badanti mi schernivano: cosa credi, che il Santo che preghi ti farà rinascere? Dal quartiere Arcella (circa tre chilometri dalla Basilica) venivo a piedi due volte al giorno per pregare il Santo. Mi ha ascoltata: il 2 aprile ho trovato lavoro, avevo ancora voglia di bere ma non ho ceduto. Ce l’ho fatta, da due mesi non tocco alcol».
«Padovano da trecento generazioni», Giorgio, 57 anni, lavora in una ditta di trasporti. Racconta in dialetto padovano: «Vengo a trovare Antonio sin da bambino, è il santo più importante del mondo. Così importante che non c’è bisogno di chiamarlo per nome, lui è semplicemente IL SANTO. E a tutti fa la grazia! Quest’estate mio figlio, 14 anni, doveva iscriversi a un corso di studio di storia dell’arte, i posti erano pochissimi. Gli ho detto di pregare Antonio, e il giorno dopo di venire a domandargli la grazia. Ha passato la selezione».
Giorgio (questo nome è di fantasia), 33 anni, ha studiato Ingegneria civile e poi Matematica a Padova. Vive a sessanta chilometri dalla città. «Sono da sempre devoto al Santo, quando studiavo all’università venivo a pregare e a confessarmi qui. Ad Antonio chiedo di proteggere la salute mia e della mia famiglia, che vada sempre