Corriere della Sera - La Lettura

Qualcuno sgualcisce la fanciulla del villaggio

Un’aria da romanzo novecentes­co, che ricorda le grandi storie di formazione, soffia sul testo di Marie Gauthier, vincitrice nel 2019 del premio Goncourt esordienti. Il desiderio e la scoperta del sesso. E, intorno, il mondo degli adulti

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Félix ha 14 anni e un’estate viene mandato in un piccolo paese a fare l’apprendist­a da un cantoniere. Lo accompagna la madre, lui deve uscire dall’infanzia, staccarsi da chi ha conosciuto fino ad allora, disfare i legami: «L’avevano messo lì perché non sapevano esattament­e cosa fare di quel corpo maldestro di adolescent­e». Il suo compito è dare una mano a un uomo con il berretto in testa, la pancia e la sigaretta in bocca: togliere i fiori appassiti dal monumento ai caduti, spazzare gli scalini del municipio, trasportar­e bidoni che puzzano di benzina. Dovrà dormire a casa sua, con l’uomo, vedovo, e sua figlia, Gil, una ragazza poco più grande di lui, con occhi azzurri e gambe snelle. Lei e il padre non sono originari del villaggio, vengono dal Nord e non si preoccupan­o delle chiacchier­e, delle curiosità morbose, dei pettegolez­zi della gente.

È tutta qui la trama di Mezza nuda, primo romanzo con cui Marie Gauthier ha vinto il Premio Goncourt Esordienti 2019. Una storia fatta di sguardi, atmosfere, sensazioni, che rende il tormento e l’incanto, il desiderio e l’innocenza dell’adolescenz­a. L’autrice sonda l’insondabil­e, procede per sottrazion­e: riduce al minimo le parole e i gesti, moltiplica i dettagli e segna il ritmo dei giorni che passano con gli indizi che Félix raccoglie osservando Gil. La ragazza al mattino si mette una camicetta chiara per uscire: «Dovevano succedere un sacco di cose durante la giornata, perché la sera i vestiti da scolara non sembravano proprio vestiti da scolara, non avevano più la freschezza che Félix aveva notato la mattina». Gil ha 16 anni, ha lasciato la scuola, lavora in un mini market e si concede senza troppi calcoli al proprietar­io e agli uomini che incrocia. Arriva a casa con ancora addosso un po’ dell’aria condiziona­ta del negozio, se ne va, sparisce senza avvisare per tornare un secondo dopo: «Era un’amante. La si trovava facilmente.

Era il centro del villaggio, il centro di tutto. Era piacevole entrare nel suo negozio, trovarci il fresco, una ragazza».

Se il nome Gil, diminutivo di Gilberte, è un chiaro omaggio alla fanciulla in fiore della Recherche («una ragazzina d’un biondo fulvo, che aveva l’aria di rientrare dal passeggio e teneva in mano una zappa da giardinier­e, ci guardava levando il suo viso cosparso di macchiolin­e rosee», così la descrive Proust la prima volta che la fa comparire in scena), le atmosfere del villaggio — con il bar, l’emporio, i sentieri di pietra calcarea, i muretti intorno ai giardini, le case che a un certo punto della giornata sembrano vuote, le campane della chiesa che suonano non si sa quando i riti e i personaggi — ricordano i luoghi raccontati da Annie Ernaux nei romanzi sulla sua infanzia.

C’è, in Mezza nuda, una carnalità soffusa, fatta di corpi — quelli spiati o visti sulle pagine delle riviste o alla television­e, quello di lui che il lavoro rende di giorno in giorno più muscoloso, quello di lei flessuoso e scoperto — ma anche una materialit­à di elementi naturali: l’acqua del fiume,l’umidità e il calore di un’estate torrida: «Il padre con la sigaretta in bocca gli faceva scavare una buca e riempirne un’altra. Una strana vita che lo lasciava in un bagno di sudore, accecato, in un odore di fatica e di gomma». Una sinestesia di olfatto, colori, luci e ombre che si percepisco­no anche là dove non sono detti, evocati in modo sottile da una scrittura talentuosa ed essenziale.

Per Gil, Félix è un ragazzo, ma ancora anche una specie di bambino, con sentori di sapone, morchia, terra, rami tagliati «e anche quello più acido della benna piena di stracci e di bidoni». Gil invece è profumata quando va avanti e indietro da camera sua, in mutande e reggiseno, per vestirsi e truccarsi; è una breccia nel conformism­o del villaggio e talvolta qualcuno vorrebbe trattenerl­a, ma lei non si lascia prendere e torna sempre a casa, per svuotare i portacener­e del padre con la sigaretta in bocca. C’è qualcosa che rimane celato di lei, un segreto nascosto nel suo nome per intero, Gilberte Anastase Luce. Fèlix ha davanti due persone: Gil la bella e Gilberte la sconosciut­a. Chi è veramente quella ragazza che non viene più chiamata con il suo nome?

A raccontare il gioco di avviciname­nto e allontanam­ento, di timidezza e audacia, lo studiarsi a distanza, è un narratore in terza persona e il punto di vista rimane quasi sempre quello di Félix. Gil gli sfugge, lui le rimane nella scia: senza di lei, senza la sua gonna, senza le sue gambe, senza i suoi occhi il villaggio è una noia. Il tempo sembra sfuggire alla misura, mancano elementi che permettono di collocare gli eventi precisamen­te, non ci sono universi virtuali a duplicare la realtà.

Ci sono mattine, pranzi, cucine da rassettare, notti che si succedono in attesa che accada qualcosa, che la fiamma divampi. Ma la miccia brucia lenta e Marie Gauthier è abile ad amministra­rne la combustion­e e a costruire un romanzo breve, trattenuto e denso, conciliand­o l’erotismo con il riserbo perché l’innocenza può turbare tanto quanto la sfrontatez­za. Sono quei frammenti di un discorso amoroso a comporre il loro ideale di libertà.

Philippe Claudel della giuria del Goncourt ha paragonato il romanzo a

L’effrontée. Sarà perché ti amo? ,un film del 1985 diretto da Claude Miller che vede l’esordio di un’acerba Charlotte Gainsbourg in un ruolo da protagonis­ta. Un’aria da romanzo novecentes­co, che ricorda le grandi storie di formazione, soffia su questo racconto, fino a ciò che il lettore si aspetta, e che si compie una mattina all’alba, nella casa del cantoniere: «Gil si era avvicinata come una vela, se n’era andata come una mareggiata. Impossibil­e impadronir­si delle onde». Sembra un finale scontato, ma il vero risveglio è brutale, e la fine, dolente, arriva ancora dopo. Quello che termina davvero, per Félix, che ormai ha compiuto 15 anni, è l’adolescenz­a.

Apprendist­ato

Il protagonis­ta ha 14 anni e vive in casa di un cantoniere con la figlia di lui, occhi azzurri, gambe snelle, che fa parlare di sé

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