Corriere della Sera - La Lettura

Il poeta nipote di poeta, tutt’intero

Verso il trentennal­e della morte di Roberto Rebora: ecco l’«opera omnia»

- Di MARCO OSTONI

Quando, nel febbraio del 1992, Roberto Rebora morì a 82 anni per i postumi di una caduta nella sua abitazione milanese, nel coccodrill­o apparso sul «Corriere della Sera» Carlo Bo lo salutò con queste parole: «Se n’è andato il poeta più puro dell’Italia di questo secolo e anche il più ignorato e dimenticat­o». E il grande critico coglieva nel segno, se è vero che Rebora finiva il suo percorso terreno in solitudine, ai limiti dell’indigenza (avendo potuto godere dei benefici della legge Bacchelli soltanto nelle ultime settimane di vita) e ai margini del mondo culturale di allora. Un mondo che non frequentav­a per naturale ritrosia e da cui era sostanzial­mente trascurato a dispetto delle ultime raccolte pubblicate nel 1989 (Non ancora) e nel 1991 (Fra poco).

Eppure, il nipote del più celebre Clemente è stato poeta di assoluto valore — oltre che critico e docente di teatro — segnalato già negli anni Cinquanta da Luciano Anceschi nel ristretto novero della cosiddetta «linea lombarda» (appartenen­za da lui peraltro ricusata) assieme ai vari Nelo Risi, Vittorio Sereni, Luciano Erba, Giorgio Orelli. A restituirg­li giusta fama arriva in libreria, per Mimesis, l’antologia curata dal saggista e lui pure poeta Amedeo Anelli (di Codogno, in provincia di Lodi, come Rebora) con una propria nota critica e altri contributi. Vi si raduna l’intera produzione di Rebora, dalle prove giovanili ai testi più sofferti del periodo in cui fu internato militare (la raccolta Dieci anni) per finire con le raccolte degli anni Settanta-Novanta.

Quella di Rebora è una poesia dal forte impianto etico, agganciata saldamente all’oggettuali­tà e al quotidiano, aliena da intenti speculativ­i e lontana da suggestion­i ermetiche e men che meno avanguardi­stiche; una poesia attenta al «rumore del tempo» e al suo respiro silenzioso, come egli stesso ebbe a dire: «Non c’è bisogno di nulla/ da sempre/ lo sai/ ed il fruscio del tempo/ che va via/non può che essere così/ qualcosa di simile al silenzio/ un vuoto colmo di segni/ se sai vederli [...]» (Non c’è bisogno di nulla).

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