Corriere della Sera - La Lettura
Antidoti contro i tarli del futuro
Raccomandazioni d’autore sul valore dei Con i quali si vive meglio
Sono dentro di noi. Nel nostro linguaggio, nel modo in cui immaginiamo e in quello in cui pensiamo. I classici sono alla radice dell’umanità. Ce lo ricorda il volume Vivere con i classici (Sellerio), introdotto da Maria Ida Gaeta (con una nota di Luciano Canfora) e con testi di Roberto Alajmo, Francesco M. Cataluccio, Daria Galateria, Alicia Giménez-Bartlett, Scott Spencer, Fabio Stassi. Sono brani scritti per l’edizione 2019 di «Letterature», festival romano ideato e diretto da Gaeta, quell’anno dedicato a Il domani dei classici.
Quand’è che un’opera viene riconosciuta come classico? Già Calvino aveva risposto: «Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire». E aggiunge Gaeta: «Torniamo sempre a questi miti per cercare di comprendere quel che siamo o che vorremmo essere». Perché «i classici sono una incalzante catena di domande», prosegue Canfora. Così le riflessioni degli autori sono un ricco spunto di idee, racconti inventati, esperienze personali, che provano a spiegare cosa siano i classici oggi. Per esempio, Giménez-Bartlett
immagina quella che potrebbe essere la vita di una sedicenne se venisse abolito al liceo l’insegnamento delle lingue classiche. Se così fosse, gli studenti perderebbero «la saggezza degli antichi, la loro capacità di riflessione, la loro profondità (...) i loro consigli, chiari e sicuri, basati sull’esperienza, sull’umiltà e sul buon senso; l’arte di pensare, di governare, di fare politica». Anche il racconto di Stassi traccia un futuro senza classici, dove una catastrofe atomica fa scomparire la memoria artificiale e digitale, e tutte le biblioteche del mondo sono divorate da un’epidemia di tarli. Spencer torna invece al presente: nel mezzo di una chiacchierata tra amici che si raccontano gli avvincenti assassinii di alcune serie tv, si accorge che quella stessa potenza ce l’aveva già raccontata Dostoevskij in Delitto e castigo.
Ecco, allora, che cos’è un classico: una «sorta di doppia cittadinanza, e una biblioteca è come il cassetto di una scrivania pieno di passaporti che ci permettono di viaggiare indietro nel tempo, e perfino in avanti».