Corriere della Sera - La Lettura

Antidoti contro i tarli del futuro

Raccomanda­zioni d’autore sul valore dei Con i quali si vive meglio

- Di JESSICA CHIA

Sono dentro di noi. Nel nostro linguaggio, nel modo in cui immaginiam­o e in quello in cui pensiamo. I classici sono alla radice dell’umanità. Ce lo ricorda il volume Vivere con i classici (Sellerio), introdotto da Maria Ida Gaeta (con una nota di Luciano Canfora) e con testi di Roberto Alajmo, Francesco M. Cataluccio, Daria Galateria, Alicia Giménez-Bartlett, Scott Spencer, Fabio Stassi. Sono brani scritti per l’edizione 2019 di «Letteratur­e», festival romano ideato e diretto da Gaeta, quell’anno dedicato a Il domani dei classici.

Quand’è che un’opera viene riconosciu­ta come classico? Già Calvino aveva risposto: «Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire». E aggiunge Gaeta: «Torniamo sempre a questi miti per cercare di comprender­e quel che siamo o che vorremmo essere». Perché «i classici sono una incalzante catena di domande», prosegue Canfora. Così le riflession­i degli autori sono un ricco spunto di idee, racconti inventati, esperienze personali, che provano a spiegare cosa siano i classici oggi. Per esempio, Giménez-Bartlett

immagina quella che potrebbe essere la vita di una sedicenne se venisse abolito al liceo l’insegnamen­to delle lingue classiche. Se così fosse, gli studenti perderebbe­ro «la saggezza degli antichi, la loro capacità di riflession­e, la loro profondità (...) i loro consigli, chiari e sicuri, basati sull’esperienza, sull’umiltà e sul buon senso; l’arte di pensare, di governare, di fare politica». Anche il racconto di Stassi traccia un futuro senza classici, dove una catastrofe atomica fa scomparire la memoria artificial­e e digitale, e tutte le bibliotech­e del mondo sono divorate da un’epidemia di tarli. Spencer torna invece al presente: nel mezzo di una chiacchier­ata tra amici che si raccontano gli avvincenti assassinii di alcune serie tv, si accorge che quella stessa potenza ce l’aveva già raccontata Dostoevski­j in Delitto e castigo.

Ecco, allora, che cos’è un classico: una «sorta di doppia cittadinan­za, e una biblioteca è come il cassetto di una scrivania pieno di passaporti che ci permettono di viaggiare indietro nel tempo, e perfino in avanti».

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