Corriere della Sera - La Lettura
Velázquez a tavola con l’Omero dei poveri
Gli organizzatori la mettono così: è come se i Rolling Stones facessero da «supporting band» ai Måneskin. Perché un capolavoro come «Il pranzo» dello spagnolo è volato a Brescia da San Pietroburgo per dialogare con il Pitocchetto, a sua volta ospite dell’Ermitage. La mostra, nata al tempo del Covid più duro, anticipa le iniziative del ’23
L’oscurità di una taverna illuminata solo da una tovaglia che un tempo doveva essere stata bianca. Tre personaggi che non possono permettersi che un misero pasto: un piatto in mezzo cosicché tutt’e tre ci possano attingere. Un bicchiere di vino bianco, una pagnotta forse non freschissima, un paio di melograni. E gli sguardi. Quello del vecchio a sinistra perso nel vuoto: è qui ma non è qui, impugna una sorta di radice. Gli altri due guardano «in camera». Uno sta in piedi brandendo una bottiglia di bianco con un sorriso che diventa ghigno poco gradevole. L’altro, seduto, alza il pollice in un gesto che ricorda la posa di mille istantanee pubblicate oggi sui social network, ma che in questo contesto vuole indicare il compagno di pasto, con una mossa ripresa dal teatro comico.
Il pranzo di Diego Velázquez (15991660), dipinto intorno al 1617, è per la prima volta in Italia, in prestito dall’Ermitage di San Pietroburgo. Lo ospita, fino al 27 febbraio, la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia nell’esposizione Velázquez per Ceruti, a cura di Guillaume Kientz, massimo esperto mondiale del maestro spagnolo. Un prestito che mette a confronto Velázquez con Giacomo Ceruti (1698-1767), pittore milanese particolarmente attivo a Brescia dove si guadagnò l’epiteto di «Pitocchetto», per il tezionali ma ricorrente dei suoi dipinti: i «pitocchi», i poveri, appunto. Quel pittore di «polvere e stracci» che Giovanni Testori definì l’«Omero dei diseredati».
Lo scambio di opere tra Brescia e San Pietroburgo è andato in entrambe le direzioni, con due dipinti del Ceruti, simbolo della pinacoteca bresciana, che hanno preso la via della Russia per l’esposizione all’Ermitage Two paintings by Giacomo Ceruti from Brescia, curata da Svyatoslav Savvateev. La storia del ponte tra il museo bresciano e una delle più importanti collezioni al mondo è partita nella primavera del 2020, quando la città lombarda era tra gli epicentri della pandemia. «È allora che abbiamo cominciato a dialogare con la Fondazione Ermitage Italia e tramite essa con il museo russo», racconta Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei. «L’idea era realizzare un progetto che, a fine emergenza, rilanciasse internazionalmente Brescia con un’operazione di diplomazia culturale e uno scambio che mettesse in relazione le due città». Non solo. Nel 2023 Bergamo e Brescia saranno capitali italiane della Cultura. E la mostra Giacomo Ceruti pittore europeo, organizzata da Fondazione Brescia Musei e comune di Brescia, sarà uno degli appuntamenti di punta nella città. «Il Pitocchetto è il nostro straordinario pittore identitario: l’esposizione proporrà confronti interna
e lo farà vedere da una prospettiva dalla quale non è stato considerato. Ceruti è un campione nella pittura settecentesca, non un semplice pittore di genere com’è stato visto finora».
Nell’allestimento bresciano, Velázquez è stato sistemato alla Tosio Martinengo in dialogo proprio con alcune opere a tema pauperistico di Ceruti, a sottolineare una continuità tra il grande maestro spagnolo e un filone naturalistico europeo a cui il pittore lombardo si rifaceva, con opere come quelle del «ciclo di Padernello»: il Ritratto di due ragazze (17201725), I calzolai (1725-1730) e Due poveri in un bosco (1730-1735). Per inquadrare l’arrivo di Velázquez a Brescia, Karadjov usa un paragone di cui non teme la blasfemia: «È come se i Rolling Stones fossero venuti a fare da supporting band ai Måneskin. Velázquez, il gigante che scopre la vena naturalistica e rappresenta scene di vita, come in questa raffigurazione di taverna, davvero strepitosa. Cent’anni dopo, con la mediazione di passaggi paneuropei abbiamo opere come La
lavandaia e La tessitrice di Ceruti. È uno scambio di opere eccezionale: il Velázquez raramente esce dalla Russia, mentre i nostri Ceruti sono stati collocati nella sala delle opere ospiti all’Ermitage. Un’operazione che ha caldeggiato e per la quale si è adoperata la direttrice dell’Istituto italiano di Cultura di San Pietroburgo, Paola Cioni che, purtroppo, è recentemente scomparsa e alla quale, idealmente, dedichiamo l’intero progetto».
Il pranzo esposto ora a Brescia è una delle prime opere del maestro spagnolo: arriva tra i Tre musicisti (esposti alla Gemäldegalerie di Berlino) e la Vecchia che frigge le uova (1618) della National Gallery of Scotland di Edimburgo. Alcuni critici ci hanno visto riferimenti alla cena in Emmaus. Ma «l’atteggiamento grottesco dei personaggi, uno rugoso, con gli occhi persi nel vuoto, l’altro sgradevole e ghignante, il terzo sciocco e beffardo, è però l’antitesi della sacra umiltà del racconto biblico», scrive il curatore Kientz, direttore dell’Hispanic Society Museum & Library di New York, già responsabile al Louvre e curatore della retrospettiva parigina su Velázquez nel 2015 al Grand Palais. «Le figure sono piuttosto un controesempio, un “anti-Emmaus”, una condanna morale non della povertà ma delle degenerazioni che essa può causare. In questo contesto, le tre età rappresentate potrebbero suonare come un avvertimento contro la perdizione: il ragazzo che regge il vino è già in pericolo, in procinto di imboccare una cattiva strada, presto seduto alla tavola del vizio (le melagrane sul tavolo potrebbero rappresentare un simbolo sessuale) e ridotto qualche anno dopo alla pietosa condizione di un mangiatore di ravanelli».
La pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia ha fra i suoi tanti maestri Raffaello, Lorenzo Lotto, Savoldo e, ancora, Canova, Thorvaldsen, Hayez. Lo scambio con l’Ermitage rientra nel programma
Ptm andata e ritorno che dà una prospettiva europea alle collezioni bresciane. «Questo — ricorda Karadjov — è il secondo scambio di quest’anno con la Russia. Il primo è stato quello con le nostre incisioni di Dürer che sono andate al Museo statale di Storia, nella piazza Rossa di Mosca. Una mostra spettacolare, coprodotta da noi e tra le più visitate in Russia nel 2021. A primavera abbiamo avuto una esposizione di nostre incisioni di Raffaello a Zagabria. Ora i nostri disegni di Romolo Romani sono al Mart di Rovereto, ideale contraltare alla mostra di Depero. E ancora, partecipiamo all’esposizione di Palazzo Marino a Milano Il Rinascimento
di Bergamo e Brescia con due importanti prestiti, un Moretto e un Savoldo. Per noi il grande progetto del 2023 è la riscoperta della tradizione pittorica bresciana con i grandi campioni della pittura di inizio Cinquecento. Era la pittura lombarda cui si è ispirato Caravaggio e che, come nella tradizione di una terra di confine, ha trasformato anche il canone veneziano».