Corriere della Sera - La Lettura
Un ultimo bacio d’altri tempi
«Il ragazzo delle televisioni...». Nel 2001, al Politecnico di Milano, di lui cominciano a parlare così. Salvatore Benintende fin lì si era fatto chiamare Crasto, pseudonimo con cui firmava graffiti. Poi arriva la mostra in università, con la serie di volti — amici, celebrità — ingabbiati dentro a schermi di vecchie tv. È un’invettiva pop: «Mostro l’ingerenza della cultura di massa nelle nostre vite. Ribelliamoci». L’idea piace parecchio. Ed è così che Crasto, ormai ex, diventa Tvboy. Oggi è uno degli street artist italiani più noti, merito anche della capacità di piazzare lavori «al posto giusto, nel momento giusto». Il bacio tra il leghista Matteo Salvini e il grillino Luigi Di Maio su un muro vicino a Montecitorio nel 2018; un altro bacio, quello iconico di Hayez, reinterpretato nel 2020 con le mascherine. Tvboy agisce di notte, per strada e non solo. Lavora su tela. Sta sul pezzo, entra nella cronaca. Il mantra: «Non faccio arte per proselitismo ma per stimolare un dialogo». E, passando dai muri delle città (Milano, Roma, Barcellona, Madrid, Berlino), per la prima volta approda dentro un museo.
Tvboy, classe 1980, siciliano di nascita, milanese d’adozione (ma da anni di stanza a Barcellona) è protagonista fino al 9 gennaio di Tvboy. La mostra. L’esposizione, al Mudec di Milano, è gratuita — «per mantenere il senso di comunità» — e raccoglie un intero arco creativo. Ci sono tele ispirate ai graffiti sulle vie o con vita autonoma. «Ciò che nasce per i muri — dice —, lì deve restare. Anche se spesso non resta proprio nulla». Spesso. Non sempre. Milano è l’eccezione: nel 2018, quando il Mudec dedicava una rassegna a Banksy («non autorizzata», perché senza l’esplicito consenso dell’autore, ma con opere regolarmente vendute e detenute da collezionisti) Tvboy ha detto la sua: sul perimetro, in via Tortona, ha ritratto uno street artist incappucciato ironizzando sull’ambiguità un-official/official. Mudec e Comune, anziché ripulire (il murale resta visibile), hanno rilanciato proponendo una collaborazione. Il risultato è tra le sale. «Ma continuerò a fare lavori di strada». Le tele sono oltre 70, i filoni quattro: i baci, l’arte, il potere, gli eroi. Ed è Tvboy stesso a scegliere i pezzi per lui più significativi e più amati, raccontandoli adesso a «la Lettura».
Numero uno, sezione «baci». Amor populi (2018). «È il ciclo sugli opposti che si attraggono. Sicuramente scelgo quello che ritrae Salvini e Di Maio. Alla vigilia delle intese Lega-M5S ho avuto fortuna, cogliendo nel segno. Il murale è durato poche ore: l’ho fatto all’una di notte del 23 marzo 2018, alle 6 del mattino un carabiniere l’aveva coperto. È passato di lì anche Salvini: amo altri soggetti, ha detto. È arrivata la scientifica. All’inizio mi sono un po’ spaventato, poi ho riflettuto: era un happening, una performance. Quando il murale è stato rimosso era già virale: ho capito che la strada è una vetrina e può toccare anche chi è lontano dalla street art». Chiarissima l’ispirazione al Muro per antonomasia (Berlino) e a Dmitri Vrubel che nel 1990 fissa l’«amore mortale» tra Erich Honecker, leader della Ddr, e Leonìd Brèžnev, capo de facto dell’Urss. «Non si inventa niente, si agisce stando nella contemporaneità».
Principio che ci porta al filone «arte»: «Ogni capolavoro è legato al proprio tempo. Ho provato a immaginare come sarebbero certe opere oggi. Così è nato The fast supper (2020), l’Ultima Cena di Leonardo traslata da McDonald’s. Non è blasfemia: Gesù andava di corsa, ai giorni nostri il pasto veloce forse sarebbe così». Il «potere»: «L’opera simbolo è Babbo Natale clandestino (2019): San Nicola ha origini turche, ho immaginato che venga identificato anche lui per controlli mentre distribuisce i regali». E, con i migranti, si arriva agli «eroi»: «Tra i pezzi che più mi sono cari c’è Open your arms to life, dipinto sulla nave dell’Organizzazione non governativa Open arms nel luglio 2020. È la prima immagine che le persone salvate dai barconi vedono. Vuole dare speranza». Infine, una scelta extra: «Request for political asylum a cui ho lavorato per questa mostra, all’interno del Mudec. Riflette sul dramma dei profughi bloccati tra Bielorussia e Polonia. I nostri figli scrivono letterine chiedendo regali per Natale, quei piccoli vorrebbero solo tornare a vivere. Mi piacerebbe che il soggetto uscisse dal museo, in un percorso inverso diretto alla strada. Sto pensando a come fare».