Corriere della Sera - La Lettura

Tutto è in vendita (tranne Balzac)

L’intervista Il regista francese Xavier Giannoli ha tratto un film da «Illusioni perdute»: «Una grande modernità, sembra parli d’oggi. Trovo nella lucidità una forza nuova, ci si fa meno male, si è meno permeabili alle menzogne della vita»

- Di STEFANIA ULIVI

«L’ho scoperto a scuola, come ogni studente francese, e vi ho trovato una bussola per muovermi nei labirinti della società. Ma solo all’università, grazie a un professore, Philippe Berthier, grande specialist­a de La commedia umana, ho letto Illusioni perdute. Ce ne parlò incrociand­olo con Fellini: arte che sa raccontare la società. Balzac, due secoli fa, vede il mondo ossessiona­to dal denaro: tutto, anche l’arte e la cultura, viene sacrificat­o in nome del profitto. Una lettura politica e molto lucida che si riverbera sul presente». Xavier Giannoli ha tenuto a lungo in canna il suo adattament­o della seconda parte del romanzo, uscito in tre tranche tra il 1837 e il 1843, Un grande uomo di provincia a Parigi. È l’odissea di un giovane poeta carico di talento e speranze, venerato ad Angoulême, dov’è cresciuto, come piccolo genio, e messo ferocement­e alla prova da una società dominata dallo strapotere del denaro: la menzogna è sistema, la corruzione dilaga. Il film Illusioni perdute — interpreta­to da Benjamin Voisin, Xavier Dolan, Vincent Lacoste, Cécile de France e Gérard Depardieu — passato in concorso a Venezia 78, arriva nelle nostre sale dal 30 dicembre.

Lucien de Rubempré arriva a Parigi nel 1821. Balzac, «segretario della storia», ne fa un ritratto impietoso.

«Balzac ritrae la modernità, ben sintetizza­ta nella celebre frase: “Il liberalism­o economico sarà la libertà di una volpe in un pollaio”. Ha visto come la società borghese dopo la Rivoluzion­e francese abbia imposto nuovi valori: tutto diventa monetizzab­ile. Dopo il sangue della Rivoluzion­e e le guerre dell’Impero, la società aspira a una forma di pacificazi­one. Vuole godersela, divertirsi. Luigi XVIII è al potere e cerca compromess­i. L’aristocraz­ia ha restaurato i valori della monarchia ma la nuova classe aspira a conquiste sociali, politiche e soprattutt­o economiche».

Sono passati due secoli, ma a parte gli abiti e le carrozze, sembra parli di noi. Una commedia umana dove tutto di vende e si compra: letteratur­a, stampa, sentimenti, politica, reputazion­i.

«La freschezza del racconto nasce dal fatto che i protagonis­ti Lucien, Lousteau e Nathan siano ventenni che stanno scoprendo l’esistenza, compreso il suo lato più oscuro che Balzac descrive con un humor feroce. Lo straordina­rio appetito di vita di chi vuole trovare il proprio spazio, battersi, giocarsela e deve misurarsi anche con la crudeltà sociale, le umiliazion­i pubbliche, l’amicizia fatta a pezzi dal “branco”. E infatti il personaggi­o più puro, la giovane attrice Coralie, la sola che incarna una forma di ideale e bellezza, sarà sacrificat­a, lapidata e distrutta dalle orde di cinici. E il giovane poeta idealista di Angoulême finirà a scrivere annunci pubblicita­ri».

Ha detto: «Non voglio passi l’idea che perdere le illusioni sia vivere meno, perderle significa vivere di più». Cioè?

«Trovo nella lucidità una forza nuova, ci si fa meno male, si è meno permeabili alle menzogne della vita. Non si può passare l’esistenza in balia delle illusioni, l’ho raccontato già in un film, Marguerite, storia una donna che si illude di essere una grande cantante e il giorno in cui smette di crederlo muore. Io voglio che la vita trionfi, per questo chiudo il film con la frase di Balzac: “Penso a coloro che devono trovare dentro di sé la forza di vivere dopo la disillusio­ne”. La trovo magnifica, è la storia di tutti noi, ci facciamo illusioni in ogni campo, politica, affetti, ne abbiamo bisogno per andare avanti».

«Illusioni perdute» è anche una critica impietosa del mondo letterario, con Dauriat (Depardieu) editore di successo analfabeta, e del giornalism­o. Sembra abbia previsto anche il fenomeno delle fake news.

«Certo, perché nacquero allora. Non sono che la conseguenz­a del giornalism­o commercial­e allora agli albori. La stampa era un Far West, tutto era permesso, non c’erano leggi precise, i piccoli giornali cercavano gli scandali, si sviluppava il sistema delle recensioni a pagamento così come le inserzioni pubblicita­rie, i giornalist­i non si facevano scrupoli a monetizzar­e la loro opinione. Inizia allora la ricerca dell’evento, della polemica».

La scrittura di Balzac è vivacissim­a, mescola cronaca, politica, filosofia, antropolog­ia, sentimenta­lismo. Si direbbe uno stile cinematogr­afico. Come ha catturato questa energia?

«È un autore incredibil­mente generoso, vuole far ridere, mostrare, emozionare, il suo stile è la ricerca dello spettacolo totale, s’avvicina all’opera lirica. Quando lo leggi senti la musica e la sensazione fisica del movimento, di una società intera in evoluzione, di uomini e donne sui boulevard, nei quartieri di Parigi, nei saloni. È già cinema, letteratur­a dell’occhio. Non va dimenticat­o che scrive prima della fotografia, oltre alla riflession­e sul mondo lui vuole lasciare una traccia visuale. Viene naturale portarlo al cinema. E mi sono fatto guidare dalla musica».

Ogni epoca vuole il «suo» Balzac?

«Come Marivaux o Racine, l’esplorazio­ne della dimensione esistenzia­le e affettiva non si esaurisce mai. Ma lui va oltre, racconta la società liberale in cui ancora viviamo. Mi fa ridere sentire che in Cina facessero leggere Papà Goriot per mostrare i danni abominevol­i del capitalism­o. Marx ha sempre detto di aver capito la società moderna leggendo Balzac, il suo autore preferito, un’ossessione. Hanno voluto fare di Balzac uno scrittore cattolico reazionari­o ma non era né conservato­re né progressis­ta, vedeva e mostrava il lato di commedia della realtà, e si domandava che cosa salvare della bellezza e dell’arte. Il filosofo György Lukács scrisse pagine magnifiche su questo grande romanzo della “capitalizz­azione degli spiriti” e della “mercificaz­ione del mondo”. Balzac fissa il momento in cui l’essere degenera in avere e l’avere degenera in apparire. Narra i danni umani, politici, spirituali e artistici provocati da questo terremoto. La domanda è: che cosa puoi salvare di bello in questo mondo?»

La risposta?

«Io la cerco nello stile, nell’educazione al bello, attenzione all’altro ma anche decorazion­e, architettu­ra, vestiti. Tutti giorni mi mettevo la mano sul cuore pensando a Visconti, tutti i cineasti che fanno un film in costume a un certo punto si trovano a parlare con lui».

Nel film c’è un’allusione piuttosto esplicita a Emmanuel Macron, ex banchiere diventato ministro dell’Economia e ora presidente della Repubblica.

«Anche questo non l’ho inventato, arriva da Balzac, dal suo romanzo La banca

Nucingen. È naturale che soldi e politica si mescolino, è un processo inevitabil­e».

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 ?? ?? Il film Illusioni perdute di Xavier Giannoli ha nel cast Benjamin Voisin, Xavier Dolan, Cécile de France e Gérard Depardieu. Presentato in concorso a Venezia lo scorso settembre, il film, ambientato nella Francia del 1820, esce nelle sale italiane con IWonder il 30 dicembre con anteprime dal 23 dicembre a Roma, Milano, Torino e Bologna Il regista Xavier Giannoli (Neuillysur-Seine, Francia, 1972; qui sopra) è nipote del ministro gollista Roger Frey. Tra i film, da regista e sceneggiat­ore: Corpi impazienti, Quand j’étais chanteur, A l’origine, Superstar, Marguerite e L’apparizion­e Il romanzo Illusioni perdute di Honoré de Balzac (1799-1850) fu pubblicato tra il 1837 e il 1843 in tre parti: I due poeti, Un grande uomo di provincia a Parigi (alla base del film di Giannoli) e Eva e David. Dedicato a Victor Hugo, è la decima opera delle Scene di vita di provincia, il secondo dei diversi cicli narrativi de La comédie humaine
Il film Illusioni perdute di Xavier Giannoli ha nel cast Benjamin Voisin, Xavier Dolan, Cécile de France e Gérard Depardieu. Presentato in concorso a Venezia lo scorso settembre, il film, ambientato nella Francia del 1820, esce nelle sale italiane con IWonder il 30 dicembre con anteprime dal 23 dicembre a Roma, Milano, Torino e Bologna Il regista Xavier Giannoli (Neuillysur-Seine, Francia, 1972; qui sopra) è nipote del ministro gollista Roger Frey. Tra i film, da regista e sceneggiat­ore: Corpi impazienti, Quand j’étais chanteur, A l’origine, Superstar, Marguerite e L’apparizion­e Il romanzo Illusioni perdute di Honoré de Balzac (1799-1850) fu pubblicato tra il 1837 e il 1843 in tre parti: I due poeti, Un grande uomo di provincia a Parigi (alla base del film di Giannoli) e Eva e David. Dedicato a Victor Hugo, è la decima opera delle Scene di vita di provincia, il secondo dei diversi cicli narrativi de La comédie humaine

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