Corriere della Sera - La Lettura

IL SOFT POWER DEL PALLONE

- Di GIANCRISTI­ANO DESIDERIO

Il grande calciatore olandese Johnny Rep, ricordando la finale dei Mondiali del 1978 in Argentina, ha detto: «Giocammo in un ambiente fantastico, al punto che non mi resi conto che c’erano ovunque militari armati». Non si era accorto che in Argentina c’era la dittatura? Eppure, Jorge Carrascosa, l’uomo più rappresent­ativo della squadra nazionale argentina di César Menotti, fece il «gran rifiuto» perché non voleva giocare per il generale Videla: «Richy — disse a Richy Villa durante Argentina-Germania Ovest del 5 giugno 1977 — io il Mondiale non lo giocherò». Al suo posto giocò Daniel Passarella.

Il resto della storia lo conoscete. A volte gli aneddoti dicono più di mille parole. Il calcio ne è una miniera inesauribi­le per capire il mondo: è «un vero strumento di soft power». Lo sapeva bene Videla. Ecco perché Calcio & Geopolitic­a (Edizioni Mondo Nuovo, pagine 200, € 16) di Narcìs Pallarès-Domènech, Alessio Postiglion­e, Valerio Mancini illustra come gli Stati usano il calcio per affermarsi nel mondo. Lo sapeva anche il capitano Jorge Carrascosa detto El Lobo, che seppe dire no. Solo i più grandi giocatori sanno giocare senza palla.

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