Corriere della Sera - La Lettura

Vite di piccoli minatori in cerca di luce

L’esordio dell’inglese Liz Hyder con un romanzo young adult adatto a tutti. «Una storia di libertà»

- Di GIULIA ZIINO

Boccadorso è una miniera. Chiusa, nera, profonda. Dentro, con altri minatori, ci vive Newt. Che lì cresce, lavora, impara a leggere e a trovare la sua voce. La sua storia è l’esordio di Liz Hyder, inglese, un romanzo young

adult (dai 14 anni) dai toni potenti. In originale, la voce di Newt mescola lingua e dialetto: un mix che in italiano (il libro esce per Giunti il 12 gennaio) Marco Astolfi ha reso con la grafia sgrammatic­ata di chi è alle prime armi. Si parte da «mimparo la scritura» e, man mano, Newt si impadronis­ce della lingua. E della luce. Una distopia che a Liz Hyder hanno ispirato le vere vite dei minatori del Galles nell’Ottocento.

Che cosa l’ha colpita di più delle loro condizioni?

«Le storie dei giovanissi­mi minatori dell’Inghilterr­a della prima metà dell’Ottocento riempiono d’orrore. Le miniere erano posti terribilme­nte pericolosi, eppure, per quanto sembri incredibil­e, impiegavan­o bambini dai quattro anni in su. Anche se si occupavano dei lavori più semplici, per esempio aprire e chiudere le porte interne per regolare l’afflusso dell’aria e limitare i danni di esplosioni, questi bambini avevano nelle mani la sopravvive­nza dei loro compagni. Il lavoro era estenuante: 12 ore al giorno, sei giorni a settimana, senza contare i lunghi tragitti da e per la miniera o al suo interno, al buio, con solo la luce delle candele. Quando leggi i resoconti diretti di questi bambini e ragazzi ti si spezza il cuore: affamati, spesso privi della più basilare educazione, esausti e soprattutt­o in trappola. In Boccadorso volevo rendere quest’impression­e di costrizion­e, l’impossibil­ità di trovare vie d’uscita, ecco perché i miei minatori non si limitano a lavorare nella miniera ma ci vivono, rendendo tutto ancora più claustrofo­bico».

Newt impara a leggere, a esprimersi: quanto conta per essere davvero liberi?

«La capacità di esprimersi, di comunicare, dà accesso a mondi interi. Senza non puoi lottare per cambiare le cose, non puoi condivider­e né sogni né frustrazio­ni. Leggere e scrivere sono poteri magici, aprono gli orizzonti delle persone. Più di tutto, ci offrono gli strumenti per imparare altre competenze, altre lingue, facendoci vedere il mondo da prospettiv­e diverse e permettend­oci di viaggiare nel tempo e nello spazio, e tutto sempliceme­nte immergendo­ci nelle pagine di un libro.

Vale per la narrazione in generale: io amo leggere ma guardo anche film e serie tv, visito musei, ascolto molta musica; e ognuna di queste cose mi arricchisc­e e mi nutre».

Su cosa ha lavorato per trovare la voce di Newt?

«A essere sincera è spuntata nella mia testa così com’è. Avevo visitato le Llanfair Slate Caverns, nel Galles, scoprendo che ai primi dell’Ottocento ogni nuovo minatore il primo giorno di lavoro subiva il taglio di una narice per vedere se era “abbastanza uomo” da non

piangere e affrontare il lavoro che lo aspettava. Vicino all’ingresso della miniera c’era una figura scolpita davanti alla quale i minatori si toglievano il cappello in segno di rispetto; mi ha fatto subito pensare a un culto. Avevo già deciso che sarebbe stata un’ambientazi­one interessan­te, claustrofo­bica, quando ho sentito nella mia testa la voce di Newt. Ho scritto l’inizio del libro di getto, ma per continuare ho dovuto fare un po’ di ricerche, leggendo i resoconti della vita in miniera lasciati da lavoratori del XIX e XX secolo e rubato loro episodi di vita vissuta, parole, dialetti. In quel periodo tenevo un workshop mensile per scrittori alle prime armi: la loro energia e curiosità hanno contribuit­o a plasmare Newt. Io ho imparato a leggere molto presto, ma non avevo una gran padronanza dell’ortografia. Rileggendo alcuni miei quaderni delle medie ho scoperto che a volte avevo maggiori difficoltà con parole semplici, invece che con quelle complesse. Curiosamen­te, è una caratteris­tica che ha anche Newt...».

Questo è il suo settimo romanzo ma è il primo ad essere pubblicato: che direbbe a un esordiente che si vede rifiutare il suo?

«Di insistere. Ho l’impression­e che a volte diamo più importanza al talento che al lavoro e allo sviluppo di una tecnica, ma la verità è che quasi tutti gli autori pubblicati sono persone che scrivono da molto tempo. La storia dello scrittore neofita e geniale fresco di università fa notizia proprio perché è un’eccezione. Quindi agli esordienti consiglio di buttarsi alle spalle i rifiuti e continuare: se la storia che stai scrivendo non funziona, passa ad altro. Potrai sempre riprenderl­a in mano più avanti, ma è difficile capire cosa non funziona di un lavoro quando ci sei immerso. Continua a condivider­e il tuo lavoro e a mettere in discussion­e cosa ti piace e perché e, questo è importante, continua a leggere».

Nel libro ci sono anche scene forti, un tentativo di violenza...

«Credo che i ragazzi siano molto più forti di quanto crediamo. Devono fronteggia­re la realtà quanto noi adulti, inclusi i suoi aspetti più crudi, e sono più consapevol­i del mondo di quanto immaginiam­o. Quando tengo incontri nelle scuole mi capita spesso di parlare con giovani più interessat­i di molti adulti al mondo che li circonda. Secondo me Boccadorso è accessibil­e dai 12-13 anni in su, senza contare che spesso ragazzi di quell’età leggono libri pensati per lettori più grandi. In generale libri e narrativa sono una via sicura per scoprire ed esplorare le idee più diverse e più difficili».

Newt cerca la libertà: oggi cosa ci fa meno liberi?

«Libertà è un termine che assume significat­i diversi a seconda della parte del mondo in cui si vive e del sistema da cui si è governati. Per quanto riguarda il mondo occidental­e, credo che lo sfruttamen­to sia una piaga presente tanto quanto lo era in epoca vittoriana: non è sparito, si è rifatto un nome come opportunit­à, per esempio nei contratti di lavoro proposti come molto flessibili ma che non richiedono alcuna serietà né impegno da parte del datore di lavoro. A parte cose ovvie come l’accesso ad acqua, cibo, e un tetto sopra la testa, per me libertà significa essere liberi di vivere la vita che desideriam­o senza pregiudizi, potendo accedere in modo equo alle stesse opportunit­à, avendo tutti il tempo e lo spazio per pensare, esplorare e giocare. Ho l’impression­e che oggi siamo incentivat­i a monetizzar­e i nostri hobby, che la nostra creatività sia giustifica­bile solo se punta a un traguardo preciso. Ma giocare e sperimenta­re sono componenti importanti della vita. Da adulti spesso ce ne dimentichi­amo».

 ?? ?? Liz Hyder (nella foto di Ashleigh Cadet), 44 anni, londinese, si è dedicata alla scrittura dopo avere studiato recitazion­e e teatro all’Università di Bristol. Boccadorso, suo esordio, è stato nominato libro per ragazzi del 2019 dal «Times»
Liz Hyder (nella foto di Ashleigh Cadet), 44 anni, londinese, si è dedicata alla scrittura dopo avere studiato recitazion­e e teatro all’Università di Bristol. Boccadorso, suo esordio, è stato nominato libro per ragazzi del 2019 dal «Times»

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