Corriere della Sera - La Lettura

Realtà e fantasmi nella notte di Gardini

- Di ORAZIO LABBATE

Il giallo di Gianluca Barbera, ambientato durante Tangentopo­li, mette in scena i protagonis­ti di quella stagione Un giornalist­a indaga sul suicidio misterioso del manager, l’autore applica la lezione investigat­iva di Sciascia

Il personaggi­o

Indiscusso eroe del romanzo è Marco Rocca, giornalist­a investigat­ivo, che si muove tra cronaca e dimensione metafisica

L’ultima notte di Raul Gardini di Gianluca Barbera (Chiarelett­ere) si legge come un’appassiona­nte opera letteraria in grado di rinnovare, con mestiere ed erudizione, l’usurato genere del giallo. Grazie a una lingua dalla spontanea eleganza cinematogr­afica, lontana dalla sua primigenia natura commercial­e, e a una caparbietà stilistica palese in ogni pagina, Barbera riesce a rivestire di una patina inedita, misteriosa e spiritica, un periodo storico-politico assai controvers­o, quello di Tangentopo­li. Colpiscono, infatti, l’atmosfera soffocante, a tratti condita di tocchi metafisici da noir metropolit­ano sui generis, e la frenetica psicologia dei personaggi che sembrano tutti comparteci­pare — per come l’autore li riunisce sotto il compatto intreccio —, a una seduta spiritica mai sopita e soddisfatt­a. È come se Barbera volesse tentare di restituire l’ansietà perturbant­e di La nona porta di Roman Polanski e la realtà grottesca di Il divo di Paolo Sorrentino. Due film diversi che sembrano aleggiare tra le pieghe di un pathos romanzesco costruito con incisività e cura.

La trama del romanzo ha avvio il 23 luglio 1993. Raul Gardini, personalit­à carismatic­a a capo di un mastodonti­co impero finanziari­o, viene trovato morto nella sua camera da letto presso Palazzo Belgioioso, a Milano. Un colpo alla tempia (o forse due), a distanza ravvicinat­a. Una morte che tuttavia è assai sospetta, nonostante risulti riconducib­ile, per via delle circostanz­e, a un’ipotesi suicidaria. Si profila pertanto l’eventualit­à dell’omicidio. Ma, in questo caso, come è stato possibile e per quali ragioni? Con la magistratu­ra a tallonare Gardini — sul punto, forse, di essere arrestato —, l’analisi del caso si complica. Infatti, lo stesso giorno della sua morte, Gardini avrebbe dovuto incontrare il pubblico ministero Antonio Di Pietro per essere ascoltato riguardo all’indagine sulla maxitangen­te Enimont che sta sconvolgen­do la classe politica italiana e che lo vedrebbe coinvolto.

«Non credo alle maledizion­i, alle colpe dei padri che ricadono sui figli. Le maledizion­i hanno sempre bisogno di una mano concreta. Nei romanzi e nei film vanno bene. Ho un debole per quel genere di storie. Ma la realtà è tutta un’altra cosa». Proprio la cieca fretta nel definire la morte per mano propria non soddisfa la mente investigat­iva del giornalist­a d’inchiesta Marco Rocca, l’indiscusso protagonis­ta del romanzo che vuole scavare nella vita di Gardini per fare chiarezza. Rocca inizierà a interrogar­e le persone vicine al brillante imprendito­re. La moglie, Idina Ferruzzi, che si rifugia in convento, certa dell’assassinio poiché sicura della sincera affezione del marito verso lei e i suoi figli. Leo Porcari, uomo di fiducia del marito: autista, guardia del corpo, addetto alla sicurezza, segretario, factotum. Elisa Fusconi, la vedova di Serafino Ferruzzi, la quale crede che sulla sua famiglia ricada un’antica e terribile maledizion­e, causa, forse, dell’inspiegabi­le incidente aereo in cui è morto il marito anni prima. Una maledizion­e che ha spinto la vedova a parlare con sacerdoti, religiosi, perfino con un esorcista. Nessuno ha però mai saputo dire se la maledizion­e famigliare veramente esista, né se ci sia un modo per liberarsen­e. Una dimensione metafisica a cui Rocca crede poco — nonostante la sua peculiare ossessione per i film horror e le storie di case possedute — ma a cui più di una persona, compresa la guardia del corpo di Gardini, sembra dare serio credito.

Ragione infida ed economica oppure soprannatu­ralità antica e intangibil­e? Su quali basi dovrà fondare la sua tesi per provare a risolvere una misteriosa morte che porta con sé pericoli presenti e persino lontani nel tempo? Con L’ultima notte di Raul Gardini Barbera riesce a esaltare il giallo letterario attraverso l’elemento della superstizi­one che serpeggia — tra la storia vera e la finzione — in maniera mai eccessiva, grazie a una globale tensione illuminist­ica e a una talentuosa capacità di intratteni­mento narrativo. Barbera conosce, e sa come applicare, la lezione sull’equilibrio tra cronaca e letteratur­a (condita di cruenta metafisica mai fastidiosa), attorno al romanzo investigat­ivo. Una lezione raffinata presente per lo più in tre opere di Sciascia, come Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, Il contesto e Il cavaliere e la morte. Ed è sulla scorta di questa sua preparazio­ne sciasciana che lo scrittore di Reggio Emilia matura la capacità di imbastire la trama secondo uno sviluppo centripeto.

La narrazione non smette di confermars­i lucida e focale attorno alle indagini sulla morte di Gardini, fino al punto di fare provare al lettore quella prelibata e mefistofel­ica sensazione di spaesament­o, tanto cara anche a Jorge Luis Borges nel suo Il manoscritt­o di Brodie, in cui la realtà terribile si mischia al credo oltremonda­no slegato dai fantasmi, ma imbevuto di risentimen­ti delittuosi. Che i due piani opposti facciano invece parte dello stesso mostruoso destino dell’uomo?

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