Corriere della Sera - La Lettura
Storie di partenze e di altri ritorni
Il viaggio greco di Paolo Ciampi in compagnia di Malerba, Kerouac, Steinbeck
Inutile illudersi, gli erranti non esistono più. La civiltà — quella che così viene definita — li ha uccisi o, nella migliore delle ipotesi, li ha relegati in un altro mondo. Il turismo è una tipologia economica: i flussi vacanzieri sono calcolati e, pure quelli, vanno in base a tabelle matematiche. Nel 2022 ogni trasferta è organizzata e, con Giovanni Arpino, verrebbe voglia di dire — alla faccia dei viaggi di istruzioni, in voga nel Settecento — che «viaggiare serve solo a non pensare».
Questo lo sa bene Paolo Ciampi, giornalista e scrittore fiorentino, che ha al suo attivo numerosi libri di viaggio. E forse anche per questo motivo l’autore sceglie di affrontare un tema che sbanda rispetto alle narrazioni ufficiali e che è ben riassunto nel titolo del libro. Anatomia
del ritorno — uscito per Italosvevo editore nella preziosa collana Biblioteca di Letteratura Inutile — non va verso la direzione del viaggio ma sgattaiola verso il punto di partenza. Insomma: questo è un libro che termina daccapo. E quindi all’uomo. Se dunque «i viaggi sono i viaggiatori» — come scriveva Fernando Pessoa ne Il libro dell’inquietudine — quello descritto da Paolo Ciampi è una flânerie nel tempo. In quello greco del mito di Ulisse, in quello di Luigi Malerba che quell’eroe rese a sua immagine e somiglianza con il libro (auto)biografico Itaca per sempre, in quella Itaca che è al tempo stesso culla di mito e ormai cittadina presa d’assalto da turisti moderni. È in questo modo che scatta il ritorno di Ciampi a un viaggio che ha come meta la partenza iniziale.
«D’estate i turisti arrivano e se ne vanno, una settimana o due e poi via. Le camere d’albergo non conservano traccia. Da parte loro, le isole ostentano indifferenza, si sottraggono, riservano ciò che sono per davvero per i mesi in cui rimane chi c’è sempre stato. A chi parte resta forse il colpo d’occhio dell’addio, la separazione che è un inizio di comprensione, quando peraltro è ormai troppo tardi», scrive l’autore fiorentino. Nell’affrontare il ritorno — e quindi nel disaminarlo attraverso il confronto con chi, come Kerouac e Steinbeck, quel ritorno lo hanno già affrontato anni prima — Ciampi tocca tuttavia un punto focale. Allora, come adesso, il senso compiuto di ogni viaggio sta nello spostarsi per tornare poi all’inizio. Una sorta di avventura in fondo alla propria stanza, che sia a casa — quella appunto descritta da Ciampi — oppure nel verde di un fogliame. «Viaggiamo e siamo cacciatori di rientro col carniere vuoto, perché la vera preda eravamo noi»: non è un caso che lo scrittore usi queste parole.
Il libro ha anche un altro merito, che è quello di fornire una miriade di curiosità su una parte della Grecia e — soprattutto — su un popolo che ha contribuito alle origini alla cultura. Anatomia del ritorno
— difficilmente catalogabile, come tutti i volumi di questa collana — si inserisce idealmente in un filone che porta alla riscoperta della povertà come Tefteri, scritto da Vinicio Capossela per il Saggiatore. Nel libro del cantautore c’è appunto il tefteri, che è il registro dei debiti e dei crediti. In quello di Ciampi c’è il taccuino. In entrambi i casi un modo per tornare a sé stessi. E a quella Grecia.