Corriere della Sera - La Lettura

Avventuros­i miracoli del gran digiunator­e

- Di ERMANNO PACCAGNINI

Come raccontare non tanto la vita, quanto soprattutt­o le avventure d’un personaggi­o straordina­rio? Puoi tracciarne un profilo biografico accurato, com’è quello dedicato a Giovanni Succi da Ennio Ferretti nel periodico «Confini». O puoi farne un personaggi­o narrativo. Mutandone però taglio. Magari raccontand­olo dal di dentro. Che è quanto ha fatto Enzo Fileno Carabba in Il digiunator­e. Perché personaggi­o straordina­rio davvero è stato Giovanni Succi, che, nato nel 1850 e cresciuto a Cesenatico Ponente, «terra di mangiatori, nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe diventato il più grande digiunator­e di tutti i tempi». Una terra dalla quale se ne va alla tragica morte del padre intraprend­endo l’attività d’avventuros­o viaggiator­e commercial­e in Africa, dove è una disavventu­ra a tradurre il suo viaggiare da commercian­te a missionari­o. Perché questo diventa Succi nel racconto di Carabba: in quanto «grazie al digiuno conobbe la bontà sovrumana»; un’esperienza «così sconvolgen­te che cercò di replicarla per tutta la vita». Tanto più che si realizza grazie a uno stregone errante che gl’impone quaranta giorni di digiuno che lo guariscono da un’oscura malattia (il numero ha una valenza nella tradizione religiosa e «il nostro divin salvatore Succi-Cristo» titolerà una sua esibizione la milanese Arte drammatica).

Del resto Succi «non era un digiunator­e debole e macilento, digiunator­i di questo tipo se ne vedono dalla notte dei tempi. Seguaci del digiuno punitivo. Giovanni era un digiunator­e con la tempra del grande mangiatore, megalomane e generoso. Il digiuno lo riempiva di forza e di allegria». E, soprattutt­o: «Succi non era un imbroglion­e».

Era, però, «inafferrab­ile». Di qui il raccontarl­o dall’interno, con tecnica da «archeologi­a narrativa» assaggiata da Carabba in Vite sognate del Vasari, consistent­e nella «reincarnaz­ione dei testi»: un «matrimonio di studio e invenzione» di scene ed episodi che germoglino in modo plausibile rispetto ai documenti. Ove il riferiment­o ad «appunti privati» e a un «diario», ma pure a racconti orali, riprese giornalist­iche o relazioni scientific­he (attestati da una bibliograf­ia conclusiva), trattandos­i di imprese mirabolant­i, comportava­no di necessità il dubbio circa tali testimonia­nze, tradotto da Carabba con efficace levità in postille, puntualizz­azioni, annotazion­i, domande, qualche sorriso.

In tal modo con Succi si attraversa il secondo Ottocento vedendo «quell’uomo incredibil­e» ritrovarsi ora profeta, ora compagno, ora sperimenta­tore delle

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