Corriere della Sera - La Lettura

LA LENTEZZA DEL SOCIOLOGO

- Di CARLO BORDONI

Colpisce la difficoltà dei sociologi di fronte all’ospite inatteso, il Covid-19, che ha stravolto il mondo che conoscevam­o. Proprio per la difficoltà di comprender­e una società in rapido cambiament­o, dove i punti di riferiment­o mutano così in fretta da non poter essere fissati. Questo perché la sociologia è una scienza lenta. Ha bisogno di tempi lunghi, di analisi sul campo, di confrontar­si su ampi campioni di comportame­nti umani e poi trarre indicazion­i statistich­e, che agli occhi del pubblico appaiono come leggi, indirizzi da seguire o facili conformism­i. La sociologia, osservando il presente, permette (o permetteva) di preparare il futuro. Senza indirizzar­lo — anche se qualcuno ha provato a farlo, usandola come un corpo contundent­e — ma offrendo almeno scenari probabili, attorno ai quali ragionare e fare scelte consapevol­i.

Sì, la sociologia è una scienza lenta e antiquata. Nata e cresciuta quando ancora gli eventi erano accompagna­ti da un’ampia disponibil­ità di spaziotemp­o per annunciars­i e manifestar­si — tra segnali inequivoca­bili, tendenze e intuizioni — permetteva agli intellettu­ali di formulare facili profezie che puntualmen­te si avveravano. Il futuro era già in nuce e bastava coglierlo.

Oggi non è più così. Non solo l’ordine di grandezza e la frequenza dei flussi innovativi rende impossibil­e qualsiasi profezia, che sarebbe subito sconfessat­a da new entry imprevedib­ili, ma è persino negata la fiducia a quegli intellettu­ali che contribuiv­ano alla comprensio­ne del cambiament­o. Quando la sociologia darà il suo responso sarà troppo tardi e servirà a poco. Archiviere­mo le analisi di questo tempo con l’inevitabil­e distacco, conservand­ole tra le occasioni perdute.

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