Corriere della Sera - La Lettura
Il viaggio più folle di Pinocchio lo trasporta in un villaggio cinese
La vita, cioè il reticolo del mondo che la vita abita, non offre alcuna bussola a Zhang Yueran. Autrice che le classificazioni accademiche cinesi collocano nella «generazione post-Ottanta», Zhang non prova a mettere ordine nel caos di relazioni sconsiderate, in piani temporali incastrati di sbieco, in identità sessuali dai confini labili e in un oltretomba che divora — ricambiato — il presente. Questo è lo scenario che disegna la prosa vorticosa di Dieci amori, racconti ora curati da Stefania Stafutti ma usciti in patria nel 2004. Lontana dai pigri stereotipi che Pechino sembra irradiare, la sua scrittura esibisce a ogni passo, per rubare a Zhang la scheggia di una sua storia, «un’improvvisa purezza arcaica e selvaggia», così come ogni personaggio è comunque, sempre, una sorta di «piccolo, raro e prezioso dinosauro». La scelta della short story appare coerente con una visione che contraddice ogni ordine: nei parricidi e negli uxoricidi, o anche nell’estremizzazione parossistica dei valori familiari, bestemmiati dalla madre che reclude il figlio maschio dopo averne fatto uccidere, a scuola durante l’esame di educazione fisica, la fidanzata incinta. C’è spazio anche per Pinocchio, nel gotico di Dieci
amori: un burattino paralizzato in un villaggio cinese, che geme «vuoto, senza cuore, senza organi», perché è così che, talvolta, la vita ci fa diventare.