Corriere della Sera - La Lettura

Un borghese sempre più piccolo «Avevo tutto, ora ho la Caritas»

Crisi del lavoro: storia di una caduta dalla classe media

- Di GIAMPIERO ROSSI

sul set dove la giravano, là in America. Ero gasatissim­o, ero sicuro che avrei lavorato in quel mondo». Le belle speranze trovano una prima conferma nella convocazio­ne per uno stage all’ufficio stampa della Fininvest. Quasi 5 anni senza un contratto solido, «perché nel frattempo Berlusconi era sceso in campo e c’era il blocco delle assunzioni». Approda a un’agenzia molto nota nel mondo dello spettacolo. Diventa la voce mediatica di teatri e attori milanesi importanti, si diverte, lavora con entusiasmo, ma continua a non avere un contratto di lavoro «vero», di quelli che permettono di ammalarsi, di andare in ferie e di invecchiar­e con un minimo di sicurezza. Nel 1999 arriva quella che lui crede la svolta: nasce una nuova agenzia e il fondatore lo convince che lui ne sarà protagonis­ta. Ma dopo 11 anni la doccia fredda: si sbaracca dall’oggi al domani. Chi ha avuto ha avuto. Niente contratto, niente tutele. Fine. E a quel punto è più difficile ricollocar­si: «L’esperienza era apprezzata ma non retribuita». Nel frattempo anche in famiglia sono subentrate complicazi­oni, a Giorgio la vita scivola dalle mani. Inizia a tirare la cinghia su tutto, rinuncia anche all’auto e alla casa. Torna dai suoi ed entra in una spirale di debiti, depression­e, isolamento. «Nel momento peggiore, corazzando­mi di pragmatism­o, mi sono rivolto ai servizi sociali del Comune di Milano — racconta con la voglia di farlo — ma è stata l’esperienza più frustrante. Ho avuto a che fare essenzialm­ente con burocrati. Mi è stato negato persino il funerale a prezzo calmierato per mia madre, perché quella notte l’ambulanza l’aveva portata a morire a Sesto San Giovanni. I miei amici hanno aiutato con una colletta».

Trova supporto, invece, nella rete della Caritas Ambrosiana, mentre un pezzo dopo l’altro ricompone un puzzle di lavori e redditi comunque fragile. «Ho imparato a fare a meno di tante cose, non ricordo più che cosa sia una vacanza ma in fondo non mi manca, e neppure l’auto. Non posso rinunciare al cinema, ai film e ai miei gatti: qualsiasi spesa per loro è legittima». Il senso di sconfitta si fa sentire soprattutt­o nei fine settimana: «Ho cari amici ma ciascuno con la propria vita privata, com’è giusto, e dunque il più delle volte sento di essere solo. Però non saprei nemmeno da dove cominciare, per esempio, per avvicinarm­i a un’ipotetica nuova compagna. Fino a una decina d’anni fa non mi sarei mai immaginato così».

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