Corriere della Sera - La Lettura
Tutto il Bene di Carmelo
Agende, foto, vinili (erano in 118 scatole), costumi, libri. A Lecce il tesoro dell’attore è ora aperto a tutti
Sull’agenda, fitti appunti sono scritti in rosso. Segue una pagina scritta sempre a mano, ma con una penna nera che sottolinea alcuni termini. Titolo: «Il Vampiro». E poi prosegue «O dell’arroganza teatrale delle sue vittime. Il Vampiro (Dandy inguaribile) è proiezione — conscia — inconscia (incoscienza in tutti i sensi) incosciente delle sue vittime. Proprio così. La “vittima” è vittima di sé stessa. Vampirismo è il decadimento morale e fisico sul quotidiano. Quanto alla inquietudine dei non-morti. I non-morti sono davvero strani e inguaribili».
La pagina (mostrata qui per la prima volta) appartiene a una delle 50 agende manoscritte uscite dai 118 scatoloni di cartone che accolgono l’archivio personale di Carmelo Bene, che da qualche mese, assieme al fondo librario e parte dei costumi teatrali, elementi di scena e arredi dell’enigmatico attore, drammaturgo e regista, sono stati riuniti negli spazi dell’ex Convitto Palmieri a Lecce, sede della Biblioteca Bernardini. Un ritorno a casa, nei luoghi della giovinezza di Carmelo Bene, nato il 1° settembre 1937 a Campi Salentina e morto a Roma il 16 marzo 2002. Vent’anni fa.
L’Archivio Carmelo Bene, sottolinea a «la Lettura» Luigi De Luca, direttore del Polo biblio-museale di Lecce (che ha attuato il progetto con la soprintendenza
Archivistica e Bibliografica della Puglia, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce e la Provincia di Lecce) e coordinatore dell’archivio, «nasce dalla volontà della Regione Puglia, condivisa dalla figlia Salomè Bene e della seconda moglie Raffaella Baracchi, di riunire in un unico luogo le testimonianze della vicenda culturale e artistica di Bene. E renderle fruibili, in uno spazio vivo, aperto a studiosi, artisti e cittadini». Così «la Regione ha acquisito la biblioteca e il fondo dei costumi e ha ottenuto in comodato d’uso gratuito l’archivio».
La biblioteca personale dell’artista, quasi settemila volumi, si dispiega sulla parete di una sala dell’ex Convitto. Un «luogo speciale», spiega Brizia Minerva, responsabile scientifica dell’archivio, «perché proprio lì stava il convitto del liceo Palmieri dove Carmelo Bene ha concluso gli studi superiori». I libri «provengono della sua fantomatica biblioteca paragonata a un vascello fantasma, costituita forse da 20 mila volumi tra le abitazioni di Otranto e Roma». Qui si può ricostruire la «mappa mentale» di Bene, una complessa rete di rimandi e compenetrazioni, fatta di rari libri di storia dell’arte, teatro, letteratura, storia, ma anche di manuali di anatomia. «Emerge il corpo a corpo con autori del
passato come Dante, Collodi, d’Annunzio; Joyce, Eliot, Pound; o con le suggestioni di Juan de La Cruz, Eckhart, santa Teresa d’Avila; i filosofi irrazionali Schopenhauer e Nietzsche; i francesi Deleuze, Derrida, Foucault». Molti volumi contengono glosse, rimandi ad altri testi: «Tra quelli più consultati e annotati ci sono i seminari di Jacques Lacan e i testi di Jules Laforgue, la chiave di reinterpretazione shakespeariana di Carmelo Bene».
«Il programmatico meccanismo di rinnegamento, decostruzione e riscrittura dei riferimenti testuali, autoriali, linguistici e teatrali, investe ogni aspetto della sua creazione»: anche costumi e accessori di scena. Il fondo ne raccoglie 24, che «coprono, sia pure in modo frammentario, alcuni spettacoli significativi»: Otello,
Riccardo III, Pinocchio nelle edizioni del 1981 e del
1998, La cena delle beffe, Macbeth Horror Suite ;oicostumi di Gino Marotta per l’edizione del 1987 di Hommlette for Hamlet, con le due grandi figure angeliche in materiale plastico per la scenografica, riproduzione delle statue del ponte di Castel Sant’Angelo a Roma.
Dalle scatole emergono quarant’anni di carriera, «raccolti con eccezionale passione archivistica» dall’autore, che conservò fogli di scena, recensioni, registrazioni audio e video su vari supporti (nastri Ampex, betacam, vhs...), di spettacoli e prove. Duemila fotografie, 600 vinili (quasi tutti di musica classica), 14 pellicole 35 mm... E le 50 agende, esempio del rapporto continuo con la scrittura. La pagina sul Vampiro risale agli anni Settanta e sembra contenere l’elaborazione dell’idea dell’attore-vampiro, del morto/non morto, riversata in diversi spettacoli e sviluppata nel libro La voce di Narciso (il Saggiatore, 1982). Sono ancora ipotesi perché, sottolinea De Luca: «Gli scavi sono appena iniziati». Il fondo-archivio dovrà essere studiato (audio e video sono stati digitalizzati) per fare emergere storie e connessioni. «A dimostrare quanto Bene sia ancora attuale, c’è grande interesse da parte delle università e di istituzioni come l’Istituto italiano di cultura di Hong Kong, che vuole organizzare una rassegna dei film».
Intanto si preparano le celebrazioni del ventennale dalla morte. Da marzo visite guidate all’archivio introdurranno al materiale e al racconto dell’esperienza artistica di Carmelo Bene. Con lo studioso francese JeanPaul Manganaro (che il 25 febbraio a Lecce presenta il nuovo libro Oratorio Carmelo Bene, il Saggiatore) sarà indagata la sua implacabile genialità. Saranno esplorati i film, da Nostra Signora dei Turchi (1968) a Salomè
(1972) e Un Amleto di meno (1973), nella rassegna Contro il cinema curata da Emiliano Morreale (dal 3 marzo al 7 aprile). E nella mostra allestita negli spazi della Torre Matta di Otranto in giugno, l’artista visiva Rä di Martino rileggerà i materiali dell’archivio. In quello che vuole essere un continuo dialogo con Carmelo Bene.