Corriere della Sera - La Lettura

Sul podio il controteno­re cugino di Zubin Mehta

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Ci sono molti pianisti-direttori, ma un controteno­re che sale sul podio è un caso raro. Come rara, per pastosa flessuosit­à, è la voce di Bejun Mehta, il controteno­re statuniten­se che giovedì 27, a Lugano (sopra; Auditorio Stelio Molo, ore 20.30, biglietti Fr. 45/40; osi.swiss) con l’Orchestra della Svizzera italiana affronta il doppio ruolo. Canta e dirige. Cimento su cui convergono vari fattori: la cultura non solo musicale dell’artista (laureato in Letteratur­a tedesca a Yale, per un anno violoncell­ista alla San Francisco Symphony); la sua esperienza (ha 53 anni e la longevità della sua voce si somma alla lunga militanza nel repertorio barocco); forse anche per consanguin­eità: è cugino del grande Zubin Mehta. Se la parte sinfonica è abbastanza corrente (le sinfonie K 201 di Mozart e la numero 44 «Trauer» di Haydn), il programma di Bejun Mehta si mostra più prezioso sul fronte vocale. Tre arie di Händel: dall’opera Orlando, le fluenti agilità in fa maggiore di Non fu già men forte Alcide, scritta per il famoso castrato Senesino; poi Stille amare, dal Tolomeo, screziata da aspri mordenti; e infine, dal Giulio Cesare, non uno dei pezzi più pop come

Va tacito e nascosto, bensì Se in fiorito ameno prato, dove le voce gareggia con il violino, imitando in sol maggiore il «fiorito» canto di un «augellin». (gian mario benzing)

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