Corriere della Sera - La Lettura

Taci, anima mia

- Corriere della Sera

Taci, anima mia. Son questi i tristi giorni in cui senza volontà si vive, i giorni dell’attesa disperata.

Come l’albero ignudo a mezzo inverno che s’attrista nella deserta corte io non credo di mettere più foglie e dubito d’averle messe mai. Andando per la strada così solo tra la gente che m’urta e non mi vede mi pare d’esser da me stesso assente. E m’accalco ad udire dov’è ressa sosto dalle vetrine abbarbagli­ato e mi volto al frusciare d’ogni gonna.

Per la voce d’un cantastori­e cieco per l’improvviso lampo d’una nuca mi sgocciolan dagli occhi sciocche lacrime mi s’accendon negli occhi cupidigie.

Ché tutta la mia vita è nei miei occhi.

Ogni cosa che passa la commuove come debole vento un’acqua morta. Io son come uno specchio rassegnato che riflette ogni cosa per la via.

In me stesso non guardo perché nulla vi troverei. E, venuta la sera, nel mio letto mi stendo lungo come in una bara. Il testo di Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure, Genova, 12 gennaio 1888 – Savona, 31 ottobre 1967; foto Archivio Corsera) è tratto dal volume Poesie e prose curato da Giampiero Costa per i Meridiani Mondadori

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