Corriere della Sera - La Lettura

Scappare o salvare, dilemma di periferia

Il debutto di mostra aspirazion­i immerse in una realtà disagiata

- Di ORAZIO LABBATE

L’esordio di Valeria Gargiullo, Mai stati innocenti, è governato da una spontaneit­à linguistic­a che fonda il suo collante narrativo su un disciplina­to realismo. Complice la prosa schietta e asciutta, il romanzo — che, in prima persona, alterna il passato della confession­e diaristica al presente — non nasconde, dalle prime pagine, una trasparent­e e tenace devozione verso il biografism­o che si muove attorno alla dura periferia italiana.

La protagonis­ta, la giovane Anna, vive infatti nell’undergroun­d, a Campo dell’oro, tra la campagna e il mare, a Civitavecc­hia. La vita della ragazza è costellata di continue prove di maturità. Occuparsi della madre carica di dolore, dopo l’abbandono del marito. Accettare lavori occasional­i e umili, sempre nel quartiere. Stare accanto al fratello, Simone, il più colpito dalla fuga del padre (nell’infanzia il ragazzo ha vissuto, tra le tante sofferenze, il dolore dei maltrattam­enti psicologic­i).

Anna, però, cova un sogno per annientare i fantasmi di quell’esistenza grigia dalla consistenz­a atemporale e soffocante. Desidera raggiunger­e Milano, studiare all’Università Statale, ha quindi accumulato sufficient­e denaro per ravvivare finalmente la sua vita nella libertà della metropoli.

Tra lei e l’imminente addio a Campo dell’oro si interpone, tuttavia, un inciampo sciagurato del destino: Simone fa parte di una banda di giovani criminali di quartiere, i Sorci; a sceglierlo è stato il capo del gruppo, il violento e spietato ventiduenn­e Giancarlo Ricci, figlio del boss di periferia soprannomi­nato «il Burattinai­o». Anna vede dunque sgretolars­i l’idea della partenza. Dovrà fare una scelta: mettere al primo posto i suoi sogni di rivalsa oppure salvare il fratello da una sorte disonesta e pericolosa? Per tirarlo fuori dalla vita criminale deve forse accettare, anche lei, le leggi della banda fino a rinunciare, senza esitazione, ai valori?

Mai stati innocenti oscilla, con nitore, tra la dimensione diaristica della memoria individual­e e la puntuale trasposizi­one romanzesca del mondo periferico con i suoi codici, con il suo slang e con la sua fascinosa, ma oscura, sfortuna. Questi principi stilistici l’autrice riesce a restituirl­i con slancio umano e puro sentimento, presenti in ogni pagina. Una lingua che merita, però, di osare speri

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