Corriere della Sera - La Lettura
Padrona lasciami stare
ricostruisce all’esordio un legame astioso e doloroso tra una donna e la figlia, fino a una tregua
Un complicato e sovente astioso legame tra madre e figlia sta al cuore del romanzo d’esordio di Alice Bignardi La buona educazione, quella che Lisa, l’io narrante, subisce fin dalla più tenera età e che, ormai giovane studentessa universitaria, rievoca in una sorta di memoriale a ritroso nel tempo sulle tracce di Antonella, la figura materna da poco scomparsa dopo dieci anni di lotta contro il cancro.
La donna, volitiva insegnante di educazione fisica in un liceo romano, dal viso irregolare eppure bella, diversa negli atteggiamenti con i diversi componenti della famiglia (oltre al marito, i due fratelli minori di Lisa), alla primogenita non risparmia insegnamenti degni di un galateo d’altri tempi, sulla postura e l’arte di ricevere, né tantomeno lesina critiche alla sua tendenza al sovrappeso, costringendola dai sette anni a diete estenuanti, che la figlia compensa con sortite furtive nel frigorifero. Come se non bastasse, ai tempi del liceo la incalza con lo studio, paventando risultati scadenti o financo bocciature, mentre Lisa, cui alla scuola Montessori hanno insegnato che l’apprendimento è un gioco, si ostina a non aprire libro. Dal suo punto di vista di figlia privata della libertà di scegliere, vittima di una tirannia senza scampo, mentre riannoda i fili della memoria non ritrova gesti d’affetto: solo occhiate di rimprovero per ogni minima mancanza, il dito materno perennemente puntato contro, atteggiamenti melodrammatici e fissazioni mascherate da insegnamenti.
E così a 16 anni il disastro è compiuto: Lisa parla l’inglese al pari dell’italiano, ha imparato a comportarsi in modo impeccabile (ma spesso non lo fa), pratica vari sport, legge la musica a prima vista, ha viaggiato in tutti i continenti e sa far sentire gli altri sempre a proprio agio, a prezzo di comprimere le proprie emozioni. Ma non ha un legame con la madre, fatica a lasciarsi andare a un abbraccio e non può convincersi, come vogliono il padre e i fratelli,
€ che lei agisca per il suo bene: anzi, perennemente arrabbiata, la accusa di averle impedito di capire che cosa desidera davvero.
Sullo sfondo di una bellissima casa con giardino in un brutto quartiere romano, fra feste e vacanze in giro per il mondo in nome della fiducia del valore esperienziale del viaggio che anima Antonella, si consuma una frattura insanabile, che dà vita a una rancorosa «ricerca del tempo perduto» fatta di episodi minimi, talvolta persino insignificanti, attorno ai quali è costruito un romanzo a tratti duro e impietoso, amplificati tuttavia nella dimensione del ricordo per i rovinosi riverberi prodotti nella voce narrante e affidati a una prosa piana, ma capace affondare senza tregua nella dimensione dell’interiorità. Smaniosa di evadere da una convivenza ormai impossibile e in preda al rimpianto di non essersi mai ribellata, Lisa opta per l’università fuori sede. Solo quando le condizioni della madre, che da qualche tempo prepara il distacco donandole i gioielli di famiglia, si aggravano, l’opposizione manichea di tutta una vita conosce finalmente una tregua.