Corriere della Sera - La Lettura

Pasolini secondo Ferretti Il cinema delle mani

- Di CECILIA BRESSANELL­I

Non si sono mai dati del tu, sempre del lei. Quando Dante Ferretti incontrò per la prima volta Pier Paolo Pasolini era un giovanissi­mo aiuto scenografo. Pasolini da qualche anno aveva scelto la strada del cinema, trasferend­o — come scrisse Alberto Moravia — il mondo dei suoi romanzi sullo schermo in film con Accattone (1961) e Mamma Roma (1962) e la stessa ispirazion­e delle sue poesie nell’episodio La ricotta della pellicola collettiva Ro.Go.Pa.G. (1963).

Aveva vent’anni Ferretti (Macerata, 1943) quando, come aiuto di Luigi Scaccianoc­e, arrivò sul set de Il Vangelo secondo Matteo, il primo degli 8 film in cui prestò la sua arte alla visione di Pier Paolo Pasolini. Ora, dopo una carriera costellata di grandi collaboraz­ioni, come quelle con Federico Fellini (5 pellicole) e Martin Scorsese (9), e 3 premi Oscar vinti con la moglie Francesca Lo Schiavo (per The Aviator e Hugo Cabret di Scorsese e Sweeney Todd di Tim Burton), Ferretti accompagna a Los Angeles il suo primo maestro. Per il centenario dalla nascita di Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 - Ostia, 2 novembre 1975), Cinecittà organizza all’Academy Museum of Motion Pictures disegnato da Renzo Piano una retrospett­iva integrale dei film dell’intellettu­ale italiano forse più discusso e amato del Novecento (dal 17 febbraio al 12 marzo), prima tappa di una collaboraz­ione tra le due istituzion­i che prevede rassegne, mostre e attività dedicate al nostro cinema nella capitale mondiale del cinema.

Per l’occasione Ferretti, al telefono dalla sua casa romana, porta «la Lettura» indietro, agli anni Sessanta, e torna con la mente agli esordi. A quel primo incontro da cui tutto è iniziato. «Lavoravo con Scaccianoc­e. Fu lui a dirmi: “Dobbiamo fare Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini a Matera, però io verrò sul set non più di due volte a settimana”, perché stava facendo anche un altro film. Nella mia incoscienz­a accettai. Pasolini, non vedendo Scaccianoc­e sul set, molto spesso si rivolgeva a me. Ho cercato di fare il meglio possibile ma a lui andava bene tutto ciò che facevo. Lavoravo molto, mi davo da fare, proprio per paura di sbagliare. E ascoltavo molto lui, quello che avrebbe desiderato. Se mi venivano delle idee gli dicevo: “Forse si potrebbe fare così”. Allora lui mi guardava, e rispondeva: “Forse non è male come idea”. Più o meno questo è il primo film che feci con lui».

Del Vangelo ricorda «la scena del battesimo sul fiume», girata presso il torrente Castello, nel territorio di Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo. «Sopra il torrente c’era un rudere, la Torre di Chia. “Guardi com’è bella, ci si potrebbe fare una casa. Se ne potrebbe occupare?”, mi disse Pasolini. Io sempre nella mia incoscienz­a dissi: “Sì certo, intanto prendo le misure”». Anni dopo, nel 1970, Pasolini comprò la torre e fece costruire la casa. «L’idea gli piacque molto: una casa tutta di vetro che lasciava vedere in trasparenz­a quello che c’era dietro».

Sì, «con lui ho fatto in tutto 8 film». I primi 3 come aiuto scenografo, gli altri da «titolare». «Dopo Il Vangelo secondo Matteo, Scaccianoc­e mi chiamò per Uccellacci e uccellini (1966), un film molto più semplice. Però Pasolini raccontava le sue storie inserendo sempre delle invenzioni, le sue immagini erano qualcosa di particolar­e. Sono sempre stato vicino a lui in questo senso. Anche perché Scaccianoc­e faceva due o tre film per volta. Andava e veniva».

Edipo re, 1967: «Quando Pasolini ci chiamò, con Scaccianoc­e e altri della produzione arrivammo in Marocco. Dovevamo andare a Ouarzazate. Sembrava un villaggio western, c’era solo una strada con un ristorante — macché ristorante, una trattoria — e un negozietto, poi più avanti in alto sulla sinistra stava un albergo francese. Per arrivarci passammo da Casablanca e Marrakesh e solo dopo 6 ore di macchina raggiungem­mo Ouarzazate. Erano le 14 e dovevamo ancora mangiare. Al ristorante Scaccianoc­e ci disse che subito dopo pranzo sarebbe ripartito: “Lascio Ferretti, tanto lui lo conosce bene”. A Roma doveva lavorare a Lo sbarco di Anzio (regia di Edward Dmytryk e Duilio Coletti, ndr) e si sarebbe occupato degli interni di Edipo re. Due o tre giorni dopo, all’arrivo di Pasolini sul set c’ero solo io. Ma a lui non importava, perché ormai era abituato a lavorare con me e andavamo d’accordo. Cambiammo un sacco di cose. O meglio, trovammo ambienti dal vero, dove dovetti solo costruire alcuni piccoli oggetti. Poi a un certo punto Pasolini disse: “Adesso vada a vedere cosa ha combinato a Roma quello lì”. Ormai lo chiamava così. “Magari c’è qualcosa da cambiare e lei ha visto il nuovo stile”. Così è stato, cambiai tutte le scene. Quando Pasolini arrivò a Roma, mi disse che quello era proprio ciò che voleva. La cosa divertente fu che Scaccianoc­e vinse il Nastro d’argento».

Fu sempre con Pier Paolo Pasolini che Dante Ferretti firmò la sua prima scenografi­a: quella di Medea (1969). Ma prima, il giovane Dante incrociò la strada di Federico Fellini, con cui sarebbe poi torna

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In alto: Pier Paolo Pasolini (1922-1975) e Maria Callas (1923-1977) sul set di Medea (1969); qui sopra e in basso: Pasolini (© Reporters Associati & Archivi). In alto a destra: Pasolini, Dante Ferretti (1943) e Tonino Delli Colli (1923-2005) sul set di Salò, 1975 (© Cinemazero Images, Pordenone)
Le immagini In alto: Pier Paolo Pasolini (1922-1975) e Maria Callas (1923-1977) sul set di Medea (1969); qui sopra e in basso: Pasolini (© Reporters Associati & Archivi). In alto a destra: Pasolini, Dante Ferretti (1943) e Tonino Delli Colli (1923-2005) sul set di Salò, 1975 (© Cinemazero Images, Pordenone)

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