Corriere della Sera - La Lettura
Sulle tracce di Pavese nel suo hotel scoprendo che l’amore non ha inizio
La poesia polacca del Novecento ha uno stigma di leggerezza e insieme di segreta densità, come nel caso del compianto Adam Zagajewski. Di questa tradizione si veste, come di un manto familiare, anche Jarosław Mikołajewski (Varsavia, 1960), benemerito per le sue traduzioni dall’italiano in polacco, da ultimo quella della Commedia di Dante. E in effetti si tratta di un poeta che si ispira da appassionato anche a Pavese o Sbarbaro, che gli suggerisce il titolo della raccolta Sciocche lacrime. In essa, da poco edita in Italia (senza testo originale a fronte), troviamo una poesia che avviene: ecco il carattere fondamentale di questa scrittura, anche quando l’autore si mette sulle tracce dell’ultima notte di Pavese all’Hotel Roma di Torino o quando riflette filosoficamente sull’inizio. È una poesia erratica, aperta (quindi vulnerabile, osserva Tiziano Broggiato): la stessa costruzione dei testi è dinamica, in transito, come incapace di assestarsi. Una poesia che asseconda moto cosmico e pensiero, in modo da far conflagrare logos e caos. L’entropia sembra essere il principio strutturante del discorso di Mikołajewski, che non finisce di meditare sull’amore come mare dell’essere che tutto contiene: «Amore non ha inizio ma egli stesso/ è inizio […]». Dal disordine si fa strada il pensiero d’un’«amicizia santissima» che nonostante tutto il poeta offre al mondo.