Corriere della Sera - La Lettura
Ama il cane che ti osserva come ami te stesso
È un po’ saggio, un po’ memoriale e un po’ racconto il testo di
La lettura della nuova opera di Fabrizio Coscia Nella notte il cane riporta alla mente un dipinto, presente presso il museo della basilica di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo, di Giovanni di Piamonte, in cui sono rappresentati l’arcangelo Raffaele, Tobia, che tiene tra la mani un pesce, e un cane, che con aria furba sembra interessato non tanto all’angelo quanto al cibo tenuto dal ragazzo.
L’episodio raffigura una scena del Libro di Tobia, nella quale si legge appunto che «il giovane partì insieme all’angelo e anche il cane li seguì e s’avviò con loro». La frase è posta in epigrafe al libro di Coscia, che si configura come una mescolanza tra saggio, memoriale e racconto della sua vita con Pedro, il cane adottato alla fine del 2019. Non ci si aspetti da Coscia un libro di trama o di intreccio, perché Nella notte il cane attiene maggiormente all’idillio, al suggerirsi di quadri indipendenti l’uno dall’altro, in cui l’autore partendo da dati esperienziali (la passeggiata con il cane, la sua voglia di giocare, l’affetto incondizionato) o letterari (la presenza del cane nella vita e nelle opere di Omero, Thomas Mann, Franz Kafka, Emily Dickinson o david Foster Wallace) intesse una serie di riflessioni sapienziali sul mondo e sulla vita, che lo scrittore ricava grazie alla presenza dell’animale, trasformatosi nel corso delle pagine in specchio, attraverso il quale guardarsi.
Il cane rappresenta una sorta di grado base dell’esistenza, un luogo anche letterario, in cui tutto ciò che esperiamo nella nostra esistenza terrena si presenta in una forma pura e assoluta, che ci disturba, perché afferma, senza mediazioni, ciò che siamo e che vogliamo. «Pedro mi guarda nudo e io provo un certo imbarazzo di fronte a questo sguardo», scrive Coscia. Perché questa vergogna? Lo sguardo del cane, senza finzioni o sovrastrutture, tutto fedeltà e aderenza alle cose reali, permette all’autore di fare esperienza dell’Altro (forse angeli e cani condividono nella loro essenza l’essere messaggeri di qualcosa di nuovo e tremendo?), che porta all’interrogazione identitaria radicale: «Che cosa vuole da me? Che cosa vede in me? Ed è qui, allora, che nasce il pensiero, l’interrogativo più radicale: “chi sono io?”». Nella notte il cane racconta una persona, preoccupata per la salute della propria compagna, uno scrittore senza parole, che lentamente nelle lunghe camminate con Pedro, nell’osservazione minuziosa delle sue abitudini,