Corriere della Sera - La Lettura
La Speranza di Donatello
Annalena Brini e Antonio Mignemi, che hanno dovuto affrontare una sfida sin dalle operazioni di smontaggio della formella e delle sculture (entrambe realizzate in bronzo con fusione a cera persa) all’interno del battistero di Siena: supportati anche dalle analisi mediante endoscopio a fibra ottica e termografie. Si è così scoperto (ad esempio) che nel Convito e nella Speranza, priva dell’ala destra e, come la Fede, alta circa 50 centimetri, la doratura ad amalgama di oro e mercurio presentava numerose lacune e svariate «lesioni da sfregamento».
I bronzi apparivano ricoperti da uno spesso strato di colore scuro, un mix di «particolato atmosferico», cera, oli, sostanze usate in precedenza per la pulitura. A vederli adesso dopo il restauro, ancora poggiati sui loro «tavoli operatori», colpiscono per la moderna bellezza, per quell’idea nuova di prospettiva che il Maestro dei Maestri proponeva. La pulitura eseguita con acqua demineralizzata in forma di vapore, impacchi di miscele a base di solventi organici, applicazioni di gel ed emulsioni, ablazione laser con le ultime rifiniture effettuate perfino con spine di istrici e specilli in plexiglass) ha restituito lucentezza al bronzo e consistenza alle figure. «La collaborazione tra l’Opera, la Soprintendenza e l’Opificio — precisa Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio — ci ha permesso di portare a termine un progetto eccezionale sia per la conservazione che per la migliore conoscenza di questi capolavori».
Relativamente piccolo nelle dimensioni (61 centimetri di altezza, 61 di larghezza, 14 di profondità) il Convito ha un valore straordinariamente grande per la storia dell’arte. Facendo seguito all’esperimento della Storia di San Giorgio nel tabernacolo dei Corazzai di Orsanmichele, Donatello ha «impaginato», come mai era stato fatto prima, una scena costruita attraverso la prospettiva brunelleschiana, in cui la narrazione si dispiega su piani diversi, grazie anche alla capacità di graduare gli spessori dalle figure.
Aveva scritto Adolfo Venturi nel volume dedicato alla scultura del Quattrocento della sua Storia dell’arte italiana (Hoepli, 1908): «Donatello dispose le figure come su quattro piani incavati nella lastra di bronzo; ne’ due primi è la scena della presentazione della testa di Erode durante il convito; nel terzo stanno in una tribuna i musici che rallegrano la mensa; nel quarto, fuori del loggiato, il manigoldo mostra la testa del Battista. Il soldato s’inginocchia presentando la testa del Precursore ad Erode, il quale, preso da ribrezzo, si ritrae spaventato; due fanciulli fuggono, e uno di essi cade, e cadendo si volge a guardare la tetra apparizione; Salomè interrompe la danza e corruga la fronte; un commensale si copre la faccia; altri sorti in piedi si stringono in gruppo; tutta la mensa è in disordine. Sembra che uno spettro sia apparso, che dalla testa tronca sanguinolente scoppi la maledizione alla reggia. Così Donatello manifestò la propria forza di trageda e vinse i suoi grandi compagni, Lorenzo Ghiberti e Jacopo della Quercia».
Nel Convito, verosimilmente fuso entro il 1425, dorato nel 1427 e valutato 180 fiorini, Donatello ha montato una scena quasi shakespeariana. Ancora una volta precorrendo i tempi. «Non c’è tecnica che non abbia sperimentato — spiega Paola D’Agostino, direttrice del Bargello — né canone che non abbia rotto». A lui, al Maestro dei Maestri, il museo renderà ulteriore omaggio con il ri-allestimento, in occasione della mostra, di quella sala che ospita, tra l’altro, la sua Giuditta eil suo Marzocco.