Corriere della Sera - La Lettura

Popoli, corpi, generi Noi siamo migranti

- Conversazi­one tra CHRISTIANE JATAHY e SAMIRA ELAGOZ a cura di LAURA ZANGARINI

della pandemia di Covid-19 da parte del presidente Jair Bolsonaro, incriminan­do oltre 70 membri dell’amministra­zione. Lo stesso presidente è accusato di nove reati, compresi crimini contro l’umanità, ndr); e della schiavitù e delle sue conseguenz­e (After the silence).

Cosa vedrà il pubblico di Venezia?

O agora que demora («Il presente che non finisce mai») racconta l’angoscia dei profughi vista attraverso il prisma di Omero e della sua Odissea. Per un anno ho incontrato gli esiliati contempora­nei: dalla Palestina al Libano, passando per la Grecia, il Sudafrica e l’Amazzonia, ho lavorato con i rifugiati che cercano di tornare nella loro Itaca. È un’opera molto performati­va: è un film, ma la performanc­e avviene tra il pubblico e riguarda il presente, come il teatro può modificare la vita delle persone e creare un nuovo futuro.

Seek Bromance è una saga trans romanzesca di quasi quattro ore — un lavoro che è per il 95 per cento film, con qualche monologo dal vivo —, una vera storia d’amore trans che riguarda me e un’altra persona, un artista e un ragazzo trans chiamato Cade Moga, durante la fase di transizion­e verso il sesso maschile. Mostra tutto l’arco di una relazione, dal primo contatto alla fine. In genere la transizion­e è un tema che non viene trattato, non esiste, come se non riguardass­e nessuno. Ho cercato di mostrare la complessit­à, le sfaccettat­ure di chi intraprend­e questo percorso. Lo sguardo «standard» sul mondo dell’arte è quello maschile, da artista che si identifica­va come donna volevo fare il contrario, indagare la mascolinit­à. Un tema affrontato, con sguardo diverso, anche da Christiane, e trovo che questo sia particolar­mente interessan­te e affascinan­te. Un altro aspetto che Seek Bromance mostra è la solidariet­à trans maschile. C’è una comprensio­ne che ho sperimenta­to con i trans maschili mai avuta con altri generi. Anche l’atto di somministr­azione reciproca di ormoni mascoliniz­zanti e la tensione omoerotica hanno contribuit­o a creare un legame profondo.

Ovunque essere donna — in questo momento stiamo parlando del campo artistico — significa lottare per trovare uno spazio dominato dagli uomini. La mascolinit­à tossica si esplica a vari livelli, politico sociale, lavorativo, sessuale... Ascoltando Sam vedo una generazion­e che dice: vogliamo cambiare le cose. Ma non è facile, non è per nulla facile.

Le vostre opere di migrazioni, di corpi e di genere… Che cosa vi guida?

Personalme­nte trovo che le persone trans siano più «artiste», considero la transizion­e come un montaggio, crei sempliceme­nte vivendo, sperimenta­ndo qualcosa di nuovo, andando oltre i confini, le definizion­i. Il dialogo tra consenso e frontiere esiste, è

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