Corriere della Sera - La Lettura

Yoghi e Bubu alle prese con il Wikilock

Avventure Una storia dei due eroi di HannaBarbe­ra raccolta da uno scrittore per ragazzi

- di BUBU (con YOGHI) testo raccolto da PIERDOMENI­CO BACCALARIO

Èuna gran bella giornata di sole, a casa nostra, nel parco di Jellystone. C’è un bel calduccio, le trote saltano allegre tra le rapide, i geyser soffiano vapore e in mezzo al cielo c’è un’aquila dalle penne bianche che gira pigramente in cerchio. Sarebbe tutto perfetto se il mio amico Yoghi non avesse una delle sue tipiche giornate storte. Vaga come un’anima in pena, si acquatta tra i cespugli, scruta, aspetta, sospira e alla fine rientra sconsolato.

Io me ne sto immobile, sul divano, nell’angolo più buio del salotto. «Bubu? Stai bene?», mi domanda. Ancora più immobile, ma niente, è proprio una di quelle giornate. Mi levo i BearPod dalle orecchie e gli sorrido.

«Scusami: non ti sentivo. Che succede?», gli dico.

«Volevo sapere se eri vivo. Hai visto che giornata? Che sole?».

Cerco i dati sul meteo. Ha ragione. «In realtà non dovrebbe fare così caldo. Guarda: non ha mai fatto 24 gradi negli ultimi tre secoli. È strano».

«E infatti sono preoccupat­o», fa lui. «Sono molto preoccupat­o. Che cosa ci stai a fare, in casa?».

«In che senso?».

«In casa, sul divano, al buio, con il tempo che fa».

«E cos’altro dovrei fare io, scusa?», provo a dirgli. «È il climate change.

Mica dipende da me».

«E allora? Io, alla tua età, ero sempre fuori a pescare».

«Ma se non hai mai preso niente!». «Che c’entra? Si va a pescare per andare a pescare», dice Yoghi, passeggian­do avanti e indietro per la stanza.

«Mentre io sono stato in giro tutta la mattina e non ho incontrato nemmeno una persona. Si può sapere cosa sta succedendo?».

«C’è una pandemia, Yoghi».

«Ma non si stavano estinguend­o?». «Non panda e mia. È una malattia, una cosa che gira in tutto il mondo, dopo essere saltata da un pangolino». «Da cosa?».

Faccio una rapida ricerca e gli mostro la foto.

«Questo: è una specie di nostro cugino corazzato».

«Buon per lui, che almeno salta», sbuffa Yoghi. Poi si prende il muso tra le zampe. «Ma comunque perché non c’è nessuno nel parco, nei parcheggi, nei sentieri? Nemmeno un piccolo caravan gigante!».

«Forse perché viaggiare è diventato molto complicato?», la butto lì.

Ma il mio amico già pensa ad altro. Se ne sta davanti alla porta a guardare le montagne, immerso nei pensieri.

«Ma te lo ricordi, Bubu, quando giravamo il mondo sulla Jelly Roger, con Braccobald­o, Svicolone, Tatino e Papino, e Dirk e Muttley ci inseguivan­o con la lingua tra i denti? E loro, a proposito, come stanno?».

Yoghi afferra il vecchio telefono di bachelite nera della H&B, fa il numero a memoria e aspetta un paio di squilli.

«Ciao! Sono Yoghi! Come, Yoghi chi?».

E riattacca.

«Che ti ha detto?».

«Che hanno una call con uno spon

sor tra cinque minuti e non mi possono parlare. Ma scusa: perché non mi possono parlare, se hanno un call per parlare?».

«Vecchio mio, sei antiquato».

Yoghi prova un secondo numero. «Ranger Peter? Sono io. Se ti dicessi che sono di nuovo sbarcati quegli orsi dello spazio, vieni a vedere?». E riattacca.

«Viene?».

«No: sta registrand­o un podcast sulle meraviglie della biodiversi­tà».

«Ci stanno scaricando», provo allora a fargli capire, controllan­do la nostra pagina sul cellulare.

«Me ne sono accorto!».

«Ma no, è una cosa positiva, guarda!», e gliela mostro. «Abbiamo già nove milioni di like».

«E cosa ce ne facciamo?».

«Siamo popolari!».

« Davvero? E perché continua a non esserci nessuno? Oh, basta!».

Yoghi spalanca la porta dell’armadio delle carabattol­e, facendone rotolare a terra la metà. «Che intendi fare?».

«Lo zaino, intendo fare», mi risponde. «Una borraccia, un sacco a pelo, i fagioli in scatola, ah, ma tu guarda: ho ancora il coltellino dei fratelli Dalton, con la mano con le quattro dita. E loro? Che fine hanno fatto?».

«Sono dentro, immagino».

«Come tutti! Sono tutti dentro, tranne noi... che evidenteme­nte siamo fuori!».

Sbuffando, Yoghi si sistema lo zaino sulle spalle, fa sbattere pentole e sonagli e si dirige alla porta.

«Vai?».

« Esatto: farò il sentiero per la pozza salata, al grande geyser, oppure in quella pineta... come si chiama?». «Hai installato Wikilock?».

«Ho fatto cosa?».

«È una piattaform­a di sentieri geolocaliz­zata che ti dice esattament­e dove sei, dove andare, i posti da vedere e ti fornisce tutte le statistich­e».

«Ma Bubu! Io non voglio le statistich­e. Voglio qualcuno con cui andare a camminare nel parco. Voglio... Un turista da derubare, una di quelle famigliole felici a cui sgraffigna­re la marmellata, un bambino che mi guarda e dice: un orso con la cravatta!».

«Bè; quella te l’hanno messa per risparmiar­e con i disegni, dato che così potevano animare solo la testa lasciando fermo tutto il resto».

Yoghi si pietrifica. «Che intendi dire? Che sono disegnato?».

«Lo siamo tutti, vecchio mio».

«Ma io sono l’orso Yoghi! Sono perfino su Marte!».

«E sei anche Zé Colméia».

«Chi?».

«Sei sempre tu, ma in Brasile. E in Cina sei Yujia Xiong».

«Ma io non voglio essere in Cina!», ulula Yoghi. «Voglio essere qui, esattament­e dove sono!».

«Orsao Facundo? Kuma-Goro?», continuo a leggere sulla nostra pagina. Lui mi strappa il cellulare di mano e lo butta per terra. Per fortuna, rimbalza come se niente fosse.

«Smettila con quella roba! Io ho bisogno di un contatto emotivo: di un altro orso come me!».

«Vuoi che ti scarichi un’App di appuntamen­ti?», gli chiedo.

A questo punto spalanca la porta e corre fuori, urlando. Poi si ferma, si guarda intorno. Respira a fondo. E in quel momento arriva la fucilata. «Yoghi! I cacciatori!», urlo.

Ma per fortuna lui ha ancora i riflessi dei vecchi tempi: si butta per terra appena in tempo per schivare una rosa di pallettoni. Ho il terrore che sia stato ferito, e invece ha un sorriso che non gli vedevo da giorni.

«Cacciatori? Di frodo? Bracconier­i?», ripete, tutto arzillo. «Quasi non ci speravo più!».

«Dobbiamo subito chiamare i Ranger», gli dico, facendogli cenno di rientrare.

«Ma che Ranger e Ranger!», esclama il mio amico. «Forza, Bubu, gambe in spalla: andiamo a conoscere questo signore che ci vuole sparare. Finalmente una persona in carne e ossa!».

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