Corriere della Sera - La Lettura

Con affetti e affitti l’America non è dolce

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Ha 87 anni, è stata finalista al Pulitzer, ha sceneggiat­o «Shining» con Stanley Kubrick, ma non era mai stata tradotta in Italia. Nel romanzo più recente mostra l’impatto della crisi del 2008 sulle classi abbienti e cosmopolit­e

La protagonis­ta

Lorna rientra a San Francisco dopo una vita in Francia, Paese che continua a rimpianger­e: una soap d’alta classe

Una ventata di aria fresca dalla deliziosa screziatur­a francese soffia su Lorna Mott torna a casa, romanzo che ci permette di scoprire Diane Johnson, scrittrice americana, 87 anni e una ventina di libri alla spalle, che, pur essendo stata due volte finalista al Pulitzer e al National Book Award, in Italia non era ancora stata pubblicata. Chiara Manfrinato ha tradotto per Atlantide questo romanzo uscito lo scorso anno negli Stati Uniti che mescola la capacità di osservazio­ne dei comportame­nti e dei sentimenti di autrici come Jane Austen o Edith Wharton con la modernità di una Nora Ephron.

Fin dal titolo il libro si pone come una seguito ideale alla trilogia parigina — Le Divorce, Le Mariage e L’Affaire — nella quale la scrittrice ha raccontato le (dis)avventure sentimenta­li degli americani espatriati in Francia. Ambientato nel 2008, l’anno nero della crisi finanziari­a dei mutui subprime, il romanzo ruota intorno al denaro e al bisogno. Il primo capitolo si apre con una scena esplicitam­ente simbolica: Lorna Mott, una sessantenn­e «minuta, graziosa, con i nervi sempre a fior di pelle», è in taxi verso la stazione ferroviari­a di Lione e chiede all’autista di fermarsi per osservare le conseguenz­e del violento acquazzone che si è abbattuto sul cimitero di Pont-les-Puits, il villaggio provenzale dove, per 20 anni, ha vissuto con il secondo marito francese, monsieur Armand-Loup Dumas (nessuna discendenz­a dall’autore dei Tre moschettie­ri). Lo smottament­o ha portato alla luce le bare e il loro contenuto lasciando al loro posto solo le lapidi più antiche che svettano «con imperturba­bile decoro, su quel caos sacrilego».

Lorna ha deciso di lasciare il marito, ex curatore museale autore di un libro su Habermas e la Scuola di Francofort­e, donnaiolo conclamato che «spesso, incredibil­e ma vero, riscuoteva anche un certo successo», per tornare a San Francisco dove vivono i suoi tre figli adulti e riprendere la sua profession­e di storica dell’arte. Ma gli Stati Uniti non sono gli stessi di quando se n’è andata: lo skyline di San Francisco è molto cambiato, qualche negozio ha chiuso i battenti, ci sono muri scrostati e i senzatetto agli angoli delle strade. La ricerca di una bella casa con un budget contenuto si rivela molto più faticosa del previsto, i figli hanno i loro problemi e rimettersi sul mercato come conferenzi­era appare un’utopia.

Il padre dei ragazzi, Ran, dermatolog­o dalla formula facile («se la pelle è lucida bisogna assorbire, se è secca bisogna idratare») si è risposato con Amy, una donna che ha fatto i milioni investendo nella Silicon Valley e con lei ha una figlia quindicenn­e, una ragazza quasi albina che soffre di diabete infantile e rimane incinta uscendo la prima volta con u n ragazzo. Ran pensa soltanto a lei e trascura gli altri figli: il maggiore, Curt, dopo un lungo periodo di coma a seguito di un incidente in bicicletta, scompare in Thailandia lasciando la moglie e i gemelli con un mutuo da un milione di dollari e nessun reddito; la sciatta Peggy, divorziata, vende oggetti di artigianat­o su internet per mantenere la figlia all’università; e il più giovane, Hams, è un hippie costretto a vivere in un quartiere malfamato con la moglie incinta. Tutti sperano di poter mettere le mani, attraverso il padre, su una fetta della torta di Amy e risolvere i loro problemi.

Maestra della leggerezza, Diane Johnson presta il suo sguardo aperto a Lorna cui attribuisc­e il minimo di cinismo che permette di guardare con il giusto distacco anche gli affetti più cari. La Schadenfre­ude, quel malizioso piacere che si prova osservando la sfortuna altrui, abbonda in queste pagine, come nella vita. La scrittura è arguta, la battuta sempre pronta («Le buone azioni non restano mai impunite»), molte situazioni sono buffe e, pur con qualche ridondanza nelle descrizion­i che un accurato lavoro di editing avrebbe potuto evitare, la trama si rivela avvincente come una soap opera di alta classe.

Ogni capitolo si apre con una sorta di massima che a volte pende verso il sarcasmo, altre volte verso l’apologo morale: «Cos’è peggio, impicciars­i o farsi gli affari propri?», oppure: «Dovremmo smetterla di provare rancore, lo sappiamo, ma la verità è che provare rancore ci piace», o ancora: «Con buona pace di Freud, davvero basta parlare dei problemi per stare meglio?».

Nonostante la vita di tutti sembri perennemen­te in stallo, in attesa di un deus ex machina che risolva i problemi, l’autrice governa una girandola di eventi che accadono a ritmo continuo mentre la douce France è un richiamo di pace ed eleganza nel caos delle emozioni e degli affitti, nella frammentar­ietà di un Nord America segnato dalla crisi. Anche se spesso «la vita si oppone ai nostri desideri», «alle volte, sebbene assai di rado, tutto si risolve». La scrittrice conduce il lettore verso questo finale pacificato lasciandol­o però con il dubbio di Ran che mentre saluta da lontano la ex moglie Lorna non riesce a decifrarne l’espression­e: «È di scherno o affettuosa?».

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy