Corriere della Sera - La Lettura
Modì da 100 mila euro I capolavori «liquidi»
Una galleria di Londra, d’intesa con le istituzioni che ospitano gli originali, vende di alcuni giganti della pittura italiana. «Tiratura limitata e certificazione: come serigrafie»
Una mostra decisamente sui generis e che farà discutere è quella che si può ammirare in queste settimane a Unit London, galleria d’arte nel cuore di Mayfair, a Londra: a essere esposte sono le riproduzioni digitali di sei capolavori dell’arte italiana, realizzate in collaborazione con i musei del nostro Paese che custodiscono gli originali. Si tratta de La Scapiliata eil Ritratto di musico di Leonardo, della Madonna del cardellino di Raffaello, della Canestra di frutta di Caravaggio, del Bacio di Hayez e della Testa di giovane donna di Modigliani: gli Uffizi, Brera, l’Ambrosiana di Milano e la Pilotta di Parma, che hanno promosso l’operazione, beneficeranno del 50 per cento dei profitti ricavati dalla vendita delle riproduzioni, che vengono offerte con prezzi che vanno dai 100 mila ai 500 mila euro.
Ogni capolavoro è restituito digitalmente in un’edizione limitata di nove pezzi, creati con una tecnologia brevettata e autorizzata dai musei: ogni «opera» è esposta su uno schermo che è collocato dentro una cornice realizzata artigianalmente in Toscana e che replica esattamente quella originale. Eternalising Art History («Eternizzare la storia dell’arte», questo il nome della mostra) è «una prima nel genere, che davvero apre nuove strade — commenta Joe Kennedy, direttore di Unit London —. Stiamo entrando in un mondo nuovo».
Alla galleria sottolineano che si tratta di rendere accessibili a un pubblico più vasto opere che altrimenti non possono essere trasportate fuori dalla loro sede e che in questo modo si superano anche le difficoltà di viaggiare legate alla pandemia. Ma è inevitabile pensare che a essere esposti sono poco più che poster luminosi venduti a prezzi esorbitanti.
«Sì, è vero, non hanno un valore artistico in sé — concede Serena Tabacchi, direttrice del Museo di arte digitale contemporanea, che ha collaborato alla creazione della mostra — ma non li si può chiamare poster perché hanno una tiratura limitata e certificata: li si può piuttosto paragonare a serigrafie. Rappresentano una modalità di fruizione innovativa: sono “originali digitali”».
Dietro la realizzazione c’è un’azienda, Cinello, creata da due ingegneri italiani, Franco Losi e John Blem, accomunati dalla passione per la storia e il patrimonio artistico del nostro Paese. Hanno brevettato una tecnologia per la creazione di opere d’arte digitali che ne garantisce, dicono, proprietà, unicità e impossibilità a essere copiate. Ogni pezzo è un multiplo digitale di un capolavoro, prodotto in dimensioni originali e in serie limitata: per ognuno, viene creato un Nft (Non Fungible Token) che ne certifica la proprietà. Le opere, realizzate con il consenso dei musei che ospitano gli originali, sono accompagnate da un certificato di autenticità firmato da Cinello e dai musei stessi.
«Non vanno paragonate agli originali — spiega Tabacchi — ma comunque sono la cosa più vicina che si può fare rispetto all’opera d’arte. Dietro c’è anche l’idea che in futuro, per ragioni di conservazione, non sarà più possibile accedere a quei capolavori: questa è una nuova forma di fruizione che in qualche modo dovremo farci piacere, una possibilità di mettere insieme opere che altrimenti non starebbero mai nello stesso spazio, oltre che un modo attuale per sostenere i musei».
Il criterio di scelta per i quadri in mostra a Londra è stato quello di puntare su pezzi iconici e inamovibili dell’arte italiana, spaziando dal Rinascimento al Moderno: con un implicito riferimento alla possibilità di un rinascimento tecnologico o, come sostiene Tabacchi, «una rinascita del sistema dell’arte grazie agli Nft».
Un’idea che muove gli sforzi di Unit London: la galleria, come dice il direttore Kennedy, «sin dai suoi inizi si è dedicata a guidare l’innovazione nel settore e a esplorare i modi in cui l’arte può colmare lo spazio fra esperienza fisica e virtuale». E dunque Unit è diventata sinonimo di un approccio pionieristico al contenuto digitale e ai social media, con l’ambizione di fare da ponte fra il pubblico tradizionale delle gallerie d’arte e il cryptocrowd, giovani al passo con l’innovazione tecnologica. Dunque spazio ad artisti digitali ed emergenti, in contrasto con il canone classico, convinti della missione di portare l’arte alle masse per «coltivarne il pensiero creativo».