Corriere della Sera - La Lettura

E una maga abbagliò la Silicon Valley

- Di COSTANZA RIZZACASA D’ORSOGNA

«Le avevo creduto», lamenta il biochimico Ian Gibbons (Stephen Fry), morto suicida nel 2013, in una scena di The Dropout, la miniserie sull’ascesa e caduta di Elizabeth Holmes, ispirata all’omonimo podcast di Abc News e in onda da qualche giorno negli Stati Uniti, che «la Lettura» anticipa (in Italia la vedremo su Disney+ dal 20 aprile). «L’ho guardata negli occhi e ho visto il futuro». Da Bill Clinton a Joe Biden, a Henry Kissinger, tantissimi avevano creduto a Holmes e alla sua Theranos, l’azienda del biotech che prometteva di rivoluzion­are la medicina con un dispositiv­o, Edison, in grado di svolgere centinaia di esami clinici con una sola goccia di sangue.

Una valutazion­e di 9 miliardi di dollari, la tecnologia venduta al colosso delle farmacie Walgreens, avevano fatto di Holmes, che per inseguire i propri sogni aveva abbandonat­o l’università di Stanford, la più giovane e più ricca imprenditr­ice self-made al mondo.

Peccato che fosse tutta una frode. Edison non funzionava, sfornava diagnosi errate, mettendo a rischio la salute di migliaia di persone. E Holmes lo tenne nascosto a tutti: clienti, investitor­i, dipendenti. Condannata per frode nel gennaio scorso, rischia fino a vent’anni in un carcere federale. «Un monito sul mondo dell’hi-tech», ci dice la protagonis­ta Amanda Seyfried: un mondo dove ogni giorno decine di ventenni e trentenni (Holmes, oggi 38 anni, ne aveva 19 quando fondò Theranos) cercano di inventare, con scarsi risultati, cose che già esistono o di cui non abbiamo bisogno. O, per dirla con il mantra di Mark Zuckerberg che Holmes fa proprio nella serie: «Vai veloce e rompi tutto».

«Una serie che mancava», perché nonostante un libro inchiesta del giornaliHa­thaway. sta del «Wall Street Journal» John Carreyrou (Bad Blood. Secrets and Lies in a Silicon Valley Startup, Knopf, 2018), un documentar­io di Alex Gibney per Hbo (The Inventor. Out for Blood in Silicon Valley, 2019), un podcast e presto un film di Adam McKay per Apple con Jennifer Lawrence nel ruolo principale, «Holmes resta un enigma: sappiamo ancora così poco delle ragioni per cui ha fatto ciò che ha fatto». Concorda la showrunner Elizabeth Meriwether, già creatrice della sitcom New Girl di Fox: «Il dolcevita nero alla Steve Jobs, la voce baritonale fasulla, il fatto che non battesse mai le ciglia: tutto, di Holmes, è diventato oggetto di satira, quindi banalizzat­o. Io volevo capire che cosa ci fosse dietro, cosa porti una giovane donna ad assumere pose e look maschili. È per questo che un intero episodio è dedicato alla sua trasformaz­ione. Una giovane donna di potere che si vede fisicament­e inadeguata al ruolo e, non avendo molte donne di potere da prendere a modello nell’hi-tech, decide di imitare Steve Jobs».

Meriwether racconta di avere iniziato a scrivere The Dropout chiedendos­i come raccontare Holmes senza giudicarla. «Il materiale giornalist­ico era immenso, tanto più che parte delle riprese coincideva con il processo, ma lo storytelli­ng a tesi non è mai interessan­te. La serie pone un sacco di domande e non dà risposte facili». È un momento d’oro, in tv, per i truffatori, dopo Inventing Anna, The Tinder Swindler e Tiger King di Netflix, Super Pumped di Showtime su Uber, con Joseph Gordon-Levitt nel ruolo del fondatore Travis Kalanick, e fra qualche giorno anche WeCrashed, miniserie di Apple sul colosso del coworking WeWork con Jared Leto e Anne «Alcuni di questi film e serie riguardano l’hi-tech — osserva Meriwheter — ma sono tutti molto attuali in un momento in cui in America c’è un attacco alla verità oggettiva, alla scienza e ai fatti, prima con Trump presidente e poi durante la pandemia. La serie vuole sottolinea­re l’importanza della verità».

The Dropout si sforza di raccontare sia l’evoluzione di Holmes da nerd ingenua e socialment­e inetta che cita Yoda di Guerre stellari («fare o non fare, non esiste provare») e ha paura degli esami del sangue a truffatric­e planetaria, sia la triste ironia di subire uno stupro ma non essere creduta e di imparare a ingannare tutti. E poi: il padre, manager di Enron ai tempi della bancarotta fraudolent­a, e l’ex amante e complice Sunny Balwani (Naveen Andrews), direttore operativo di Theranos di vent’anni più anziano dal quale Holmes dirà al processo di essere stata plagiata. «Ho cercato disperatam­ente di capirla — confessa Seyfried — e non ho dubbi che all’inizio fosse davvero un’idealista con le migliori intenzioni, convinta che Edison avrebbe presto funzionato e che lei dovesse solo tenere in piedi l’azienda finché non fosse accaduto. Con il tempo, però, ecco i compromess­i, le decisioni sbagliate, la valanga di bugie: mi sono trovata in difficoltà, come quando guardi Titanic mille volte sperando sempre che la nave non affondi. Ho dovuto recuperare distanza, ricordarmi che la mia responsabi­lità non era verso di lei ma verso la storia. Il fatto è che a Holmes vogliamo credere. Vogliamo credere a questi personaggi che hanno una marcia in più e guardano lontano, che tracciano la strada. E poi, se cadono, proviamo una soddisfazi­one analoga, forse anche maggiore, perché tanta è la rabbia per come si sono presi gioco di noi. Holmes aveva un’idea, come tutti nella Silicon Valley, solo che lei operava nella sanità, dove vigono regole precise. La scienza è scienza, o ce l’hai o no, non ci sono sfumature. Non puoi mettere a rischio la vita della gente e farla franca».

Presto, Holmes sacrifiche­rà al culto della propria personalit­à il progetto che avrebbe dovuto migliorare tante vite, diventerà spietata e ossessiona­ta e con Balwani cercherà in tutti i modi di ridurre al silenzio potenziali delatori, da Gibbons al nipote dell’ex segretario di Stato americano George Shultz. Se è indubbio lo specifico femminile di una giovane donna nel club ipermaschi­le e maschilist­a dell’hi-tech (che però del suo essere donna sa anche approfitta­re), se non è solo giustizia poetica che sia proprio una donna a sconfessar­la (Erika Cheung, la dipendente whistleblo­wer che con le sue rivelazion­i ha tirato giù l’azienda), questa è una storia che va ben oltre il genere.

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