Corriere della Sera - La Lettura
Il sogno americano è tessuto con seta cinese
Melissa Fu dà forma romanzesca alla storia della sua famiglia: il nonno ucciso durante il conflitto contro il Giappone, la fuga del padre bambino con la nonna, la guerra civile, l’arrivo a Taiwan nel ’49. E poi gli Usa, dove Renshu diventa Henry
Nell’abbandonare la patria e migrare per sopravvivere si rischia la vita ma anche l’identità e la consapevolezza di sé. Per essere accettati è prudente rinnegare le radici e cambiare anche il nome. È quello che succede al protagonista della saga Nella terra dei peschi in fiore, potente romanzo d’esordio di Melissa Fu che narra la complessa odissea della sua famiglia, approdata dalla Cina agli Stati Uniti. L’autrice, nonostante la riluttanza del padre (Renshu, diventato Henry per garantirsi la cittadinanza americana) che non amava parlare di un passato troppo denso di dolore, ricostruisce grazie a doviziose ricerche settant’anni di storia cinese. Offre una cronaca drammatica, e purtroppo in parte ancora attuale, che va dalla fine degli anni Trenta all’inizio del nostro secolo.
La storia infatti inizia nella primavera del 1938 a Changsha, città nella provincia dello Hunan, Cina orientale. In una famiglia benestante di commercianti con affari che spaziano dal cherosene all’antiquariato, oltre all’anziano capostipite ci sono Longwei, primogenito presuntuoso e volitivo, sua moglie Wenling e due figlie. Poi c’è il fratello minore Xiaowen, che ha avuto la fortuna di avere invece un erede maschio, Renshu, dalla giovanissima moglie Meilin. Routine e tranquillità domestica vengono sconvolte dalla chiamata alle armi dei due fratelli, che devono andare al fronte per difendere la patria dagli invasori giapponesi. Prima di partire Xiaowen affida alla moglie l’oggetto più prezioso e segreto che possiede. Un pezzo di antiquariato di grande valore, un antico rotolo di broccato di seta ricamato in delicate tonalità multicolori e arricchito da fili dorati. Racchiude le raffigurazioni di dettagliatissimi panorami e in ogni dipinto è presentata una scena diversa dove viandanti e pescatori avanzano in una natura incorniciata da un cielo denso di nuvole spumose, tra le quali volteggiano uccelli bellissimi, fra montagne imponenti, fiumi tumultuosi e frutteti in fiore. Ma il rotolo rappresenta la vita nel bene e nel male: ci sono scene idilliache ma anche combattimenti.
Alla vista di una tale meraviglia Meilin è ammirata, commossa e anche spaventata. Il marito le affida l’oggetto, come un tesoro che può salvarle la vita in caso di emergenza ma spera di non averne bisogno, di vedere la famiglia ricongiunta il più presto possibile. Cosa che tuttavia non succede: nell’autunno successivo, fra i due fratelli il reduce che torna è Longwein. E dalla vedovanza inizia la drammatica migrazione della donna e dei familiari: i giapponesi continuano a vincere e avanzare, sono alle porte della loro città. Per salvarsi la vita bisogna fuggire. Scappano tutti quelli che possono farlo, in fretta e con bagaglio leggero. Meilin porta con sé solo il suo cestino da lavoro. Fa la sarta, è riuscita a occultare banconote nelle imbottiture delle giacche che indossano per partire. Nasconde negli strati inferiori del cesto qualche moneta d’oro, piccoli gioielli di giada e nel sottofondo ripone il prezioso rotolo di seta.
«La città è un oceano di fuoco. Le strade si riempiono di fuggitivi. Chi sui carretti, chi su barrocci carichi di parenti, mobili, vasi, sacchi di cereali. Molti sono a piedi, tengono in equilibrio sulle spalle fagotti preparati in fretta e furia e ceste traboccanti appese ai pali. E c’è pure qualcuno che è scappato in camicia da notte, con le poche cose che è riuscito ad afferrare». Con una scrittura tesa e drammatica Melissa Fu conduce il lettore nell’inferno — drammaticamente attualissimo, se gettiamo lo sguardo a quanto accade in Ucraina — di chi ha perso tutto e spera di ricostruirsi una vita altrove. È il cognato Longwei che guida la fuga della famiglia, lavora in incognito per il Kuomintang, il partito nazionalista del generalissimo Chiang Kai-shek e per questo riesce ad avere biglietti per il treno e un indirizzo clandestino dove possono trovare riparo e cibo. Ma fermarsi è troppo pericoloso, i profughi devono proseguire verso ovest, stipati nella stiva di un battello, a piedi e ancora in treno.
Per intrattenere i bambini, far dimenticare loro almeno per un po’, fame, paura e disagio Meilin racconta al figlio Renshu e alle nipotine le storie ispirate ai disegni del rotolo di seta. Sono narrazioni antiche, tramandate di generazione in generazione, che lei ha imparato da ragazza. Il passato, importante per insegnare e consolare, si materializza nella stoffa preziosa: «Conoscere una storia è accarezzare la superficie di seta di ciò che si è perduto, sentirne fra le mani il peso della bellezza. Portarla con sé sempre, anche se rimane dormiente per decenni»: la donna usa la fantasia per raccontare favole di coraggio ispirate dai disegni che rappresentano anche draghi, serpenti e guerrieri valorosi. Ma la fiaba che Renshu più chiede e apprezza è Terra dei peschi in fiore, poesia scritta nel 421 d.C. da Tao Yuanming, che narra il viaggio verso il magico territorio dell’utopia.
Il viaggio verso la salvezza diventa sempre più lungo ed estenuante. Gli anni passano. Per sostenersi Meilin è costretta a vendere tutti i valori che ha portato con sé, a liberarsi di ricordi e rimpianti. Poi lavora come sarta, donna delle pulizie, bambinaia, ambulante al mercato. Nel raccontare le vicissitudini dei suoi protagonisti il ritmo del romanzo diventa fluido, cadenzato e preciso. L’autrice descrive scene drammatiche senza scadere mai nel patetico. Con talento fa scorrere in parallelo dettagli della storia ufficiale con le vicende più intime e delicate delle persone che ne sono state coinvolte.
Raggiunta Chongqing per sfuggire ai bombardamenti giapponesi, bisogna spostarsi ancora, gli invasori nipponici, fiaccati dall’intervento americano che culmina con le bombe a Hiroshima e Nagasaki nell’agosto 1945, lasciano la Cina. La guerra civile fra i nazionalisti e il Partito comunista ricomincia e con essa ricominciano il terrore con agguati, tradimenti, retate. La posizione di Longwei si fa sempre più ambigua e pericolosa.
Mao Zedong è a un passo dal potere ma Chiang Kai-shek non smette di combatterlo. La nuova meta nel 1948 è Shanghai, ma anche qui niente è sicuro, nel ’49 i nazionalisti vengono definitivamente sconfitti. Bisogna lasciare il continente e scappare nell’isola di Taiwan, territorio fuori dal potere di Mao. Renshu è cresciuto e si rifugia nello studio, che sembra essere l’unica ancora di salvezza. Per Washington, in piena guerra fredda, Taiwan è un avamposto cinese libero dal comunismo e gli Stati Uniti offrono borse di studio agli alunni più brillanti.
Per il giovane cinese andare a studiare in America sembra la tappa finale e risolutiva del suo peregrinare infinito. Ma il prezzo da pagare è ancora alto. Troverà il suo equilibro soltanto quando riuscirà a vincere la nostalgia di quello che si è lasciato alle spalle.