Corriere della Sera - La Lettura
In balìa dell’uragano più feroce come sui promontori della paura
Parte piano e poi cresce gradualmente, inesorabilmente, fino a travolgere il lettore, sballottandolo fra ansia, paura e tensione, salvo lasciarlo poi attonito e muto davanti alle rovine prodotte da un eccesso concentrato di emozioni. Emula sin nella costruzione narrativa l’uragano che ne costituisce insieme lo sfondo e il deus ex machina, il romanzo dell’americano John D. MacDonald (1916-1986), Assassinio nel
vento (1956) che Mattioli 1885 riporta in libreria. E non inganni il titolo — seppur fedele ripresa dell’originale Murder in
the Wind — perché il thrilling di uno dei maestri statunitensi del genere (è l’autore del celebre Cape Fear ,il Promontorio
della paura portato sugli schermi in ben due film dal cast fenomenale nel 1962 e nel 1991) non è certo prodotto dall’omicidio annunciato.
È semmai l’intera situazione di precarietà, che monta sino a farsi fuga e disperata lotta per la sopravvivenza sotto l’incalzare dell’uragano Hilda sulle vite di un gruppo di persone in viaggio lungo le strade della Florida, a tenere sulle spine il lettore, conducendolo frastornato all’epilogo. MacDonald è abile nel tirare e rilasciare i fili della narrazione, grazie anche a uno stile asciutto e preciso come una lama, che non gli impedisce però di portare a galla le emozioni e le reazioni dei protagonisti, messi alla frusta dalla violenza della natura.