Corriere della Sera - La Lettura
Lotto, il lato oscuro della luce
È il volto dark, dice Enrico Maria Dal Pozzolo, «del luminoso Rinascimento di Tiziano». Ora un volume imponente ne accoglie l’arte, 120 anni dopo la riscossa avviata da Bernard Berenson
«Lorenzo Lotto mi parla con un’immediatezza assai maggiore di quanto accada con qualsiasi altro». Il motivo per cui Bernard Berenson recupera un autore dimenticato per secoli sta scritto in una lettera alla sorella. Trentenne, non è ancora una delle voci più autorevoli della storia dell’arte, ma sta per firmare un testo che spazzerà via la polvere accumulata in quasi 400 anni sulle opere del pittore nato a Venezia (1481) e morto a Loreto (1556) definendosi «solo, senza fidel governo et molto inquieto dela mente». Giorgio Vasari l’aveva liquidato in poche righe: «Avendo imitato un tempo la maniera de’ Bellini, s’appiccicò poi a quella di Giorgione». Berenson, molto dopo, è di tutt’altra idea: «Come ritrattista eguaglia i massimi del suo tempo e talora, a suo modo, li sorpassa». Nei mercanti veneti, negli sguardi sopra gli altari bergamaschi e nelle chiese dell’Appennino, «Lotto non ci dà caratteri tipici, bensì esseri umani, dotati di sentimenti, umori, preoccupazioni». Sentenza: «Per conoscere il Cinquecento, conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano».
La riscossa è lenta ma epocale. Lorenzo Lotto: an essay in constructive art criticism di Berenson è datato 1901. A più di un secolo dalla monografia che gli dà la ribalta, l’artista è al centro di una nuova ricognizione: Lorenzo Lotto. Catalogo generale dei dipinti. Un volume imponente (solo le voci bibliografiche sono 2.500) curato da Enrico Maria Dal Pozzolo. Docente di storia dell’arte all’Università di Verona e curatore di mostre, Dal Pozzolo reinterpreta il dualismo citato dallo studioso americano: «Lotto è il lato oscuro del luminoso Rinascimento di Tiziano. È la psicologia contro l’epica: il secondo raffigura la grandezza del committente, il primo, eccentrico e bistrattato, gode di maggiore libertà». Lotto è un maestro dell’epoca d’oro veneziana, ma in vita trova il successo solo lontano dalla laguna in cui è nato. Irrimediabilmente introverso, incapace di scendere a patti con chi chiede di idealizzare i soggetti, stima Tiziano (che segue il percorso contrario e, da figlio della profonda provincia bellunese, conquista le corti più blasonate) ma ai ritratti grandiosi preferisce espressioni nervose e imperfette.
Di Lotto conosciamo poco meno di 200 pezzi autografi. «In una sorta di legge del contrappasso sul silenzio precedente, nell’ultimo secolo si sono accumulati documenti, scoperte e riscoperte. Qui aggiorniamo e riepiloghiamo le conoscenze». Dettagli inediti emergono dall’approccio multidisciplinare. «Le opere sono reticenti: leggiamo in loro meno di ciò che dicono». Ma se l’analisi è ad ampio spettro può captare i racconti. Come nel quadro con giovane anonimo datato 1540-1541: «Il ragazzo ha un biglietto con una scritta. Per anni non siamo riusciti a capirla. Finché ho coinvolto il paleografo Massimiliano Bassetti: ha subito decifrato le parole capendo che quello è Alvise Armano». Il nipote che per un po’ accoglie Lotto, spiantato e vagabondo, «e del quale non conoscevamo l’aspetto». Incrociando le ricerche storiche di Giuseppe Gullino il catalogo rivela elementi «sulla strampalata famiglia dell’autore. La cugina Maria era una dama nera, con tre mariti seppelliti e un processo per uxoricidio. Potrebbe essere lei la fattucchiera intenta a eseguire riti magici che sappiamo inserita in un dipinto perduto». La pala di Asolo, infine, «parla» grazie (anche) a un botanico: «Patrizio Giulini ricollega a una specie femminile di cipresso la pianta sullo sfondo. Il cipresso porta a Cipro, e da qui arriviamo a riconoscere nel viso della Madonna quello della regina dell’isola, Caterina Cornaro».